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Mare caldo e specie aliene: le Moéche, i granchi tipici della Laguna, sono praticamente scomparse. E' una perdita epocale

DAL BLOG
Di Ci sarà un bel clima - 26 ottobre 2022

Per creare un coinvolgimento più ampio e inclusivo attorno alla causa climatica ed ecologica

Per chi non ha dimestichezza con la gastronomia e l’ambiente lagunare veneziano, il termine “moéca” dirà ben poco. Così come diranno poco le “masanete” e i “moécanti”. Chi invece conosce le “moeche” farà fatica a capire perché si parli di questi animali in un blog che tratta generalmente di clima.

 

Partiamo dall’inizio, cercando di raccontare la storia di un ecosistema e degli impatti che ha un pianeta più caldo su di esso. La “moéca” è il termine che i veneziani danno al maschio del piccolo granchio locale (nome scientifico “Carcinus Mediterraneus”) e che i pescatori (i “moécar” appunto) allevano al nord della laguna di Venezia a partire dal Cinquecento. Questi granchi, crescendo, cambiano la muta (ossia si sbarazzano del loro carapace esterno) due volte l’anno: in primavera e in autunno. In Quaresima e ai morti. Questo breve lasso di tempo permette ai “moécar” di pescare i granchi durante i pochi giorni della muta.

 

Le “moéche” e le “masanete” (le femmine dello stesso granchio) sono delle prelibatezze della laguna dal medioevo e hanno sancito il cambio di stagione negli ultimi secoli. Ma le “moéche” sono anche delle sentinelle del territorio, inserite in un ecosistema delicato come quello della laguna veneziana, sensibile alle variazioni climatiche che si sta continuamente deteriorando. Quest’anno, fine ottobre 2022, la pesca delle “moéche” è risultata la peggiore a memoria d’uomo. Anzi forse è meglio dire che non c’è proprio stata. I fattori scatenanti di questa scomparsa silenziosa sono principalmente due ed entrambi sono effetti di un clima globale alterato.

 

Il primo, l’aumento delle temperature del mediterraneo e della laguna, fa sì che i granchi non rispettino più le scadenze naturali della muta, ma si trovino disorientate. Questa estate e questo ottobre sono caratterizzati da una temperatura media dell’acqua fino a 10°C in più rispetto alla media. Ai granchi serve acqua fredda per potersi sbarazzare della muta precedente e crescere.

 

La seconda è di origine animale. Sembra infatti che le specie aliene (come i granchi blu e le meduse “noci di mare”) stiano occupando gli habitat e i fondali che fino a poco tempo fa erano abitati dai “nostri” granchi. Aggiungiamo anche l’acidificazione dei mari che sta impattando pesantemente sulle specie marine e sulla capacità dei crostacei di formare una corazza robusta. I mari e gli oceani sono grandi assorbitori di CO2 (sempre quella che noi umani continuiamo a pompare in atmosfera senza tregua bruciando combustibili fossili) e questo enorme assorbimento sta portando all’abbassamento del valore di pH delle acque, con conseguenza catastrofiche per la vita marina.

 

Quella delle “moéche” è una perdita epocale, enorme, che però passa silenziosamente in secondo piano. I media la trattano con un certa indifferenza, chiedendo a qualche chef se possiamo sostituire i piccoli granchi lagunari con le specie aliene invasive.

 

Non si tratta solo di nutrimento e sostentamento umano. Abbiamo davanti agli occhi un castello di carte che si sta pian piano sgretolando con dei segnali a volte silenziosi (come la scomparsa delle “moéche”) e a volte invece molto rumorosi (come il crollo del ghiacciaio della Marmolada). A guardare queste scene ci siamo noi, specie umana, che nell’indifferenza generale continuiamo a vivere la nostra vita, convinti che i problemi del quotidiano siano ben maggiori rispetto alla conservazione della natura, delle specie animali o del nostro stesso habitat.

 

Non abbiamo ancora capito che ci siamo messi ai vertici di questo castello di carte a cui stiamo togliendo pian piano qualche carta in mezzo, sicuri che il castello non potrà mai collassare. Magari sarà proprio il più piccolo granchio lagunare, la “moéca” appunto, a far traballare le nostre certezze e a far crollare l’intero castello.

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