Gli 'aridi' Giochi invernali asiatici in Arabia Saudita ed il problema climatico dei grandi eventi sportivi
Per creare un coinvolgimento più ampio e inclusivo attorno alla causa climatica ed ecologica
C'è una notizia che è passata in sordina, che arriva lieve come la sabbia portata dai venti dei deserti dell'Arabia Saudita.
Ha a che fare con un nuovo concetto di sport, eventi e di montagna stessa. Si tratta dei Giochi Asiatici del 2029, la cui sede sarà proprio tra il deserto e le montagne arabiche, vicino al Sinai. Abbiamo un enorme problema climatico con questo tipo di eventi sportivi e la nuova assegnazione delle olimpiadi invernali asiatiche è solo l'ultima pennellata di un quadro ben più grande.
Partiamo dalle ultime olimpiadi di Pechino, che hanno visto i nostri atleti vincere medaglie sciando tra lingue di neve artificiale strappate ai boschi originari di quei versanti aridi. La regione dello Yanqing, dove si svolgevano le gare di sci, contava appena 2 cm di neve ad inizio 2021. Regione fredda, ma con poca acqua. Quest'acqua doveva essere portata, immagazzinata, raffreddata e poi nebulizzata sulle piste per garantire i rigidi standard olimpici. L'ammontare di questa neve artificiale è stato stimato in 185 miliardi di litri. Cifra talmente alta da risultare difficile da immaginare (un lago di piccole dimensioni?). Senza contare l'energia utilizzata per creare e innevare queste piste. Le olimpiadi di Pechino sono state elogiate come un vero e proprio successo nel contenere le proprie emissioni dal CIO nonostante il bilancio di 1.3 milioni di tonnellate di CO2 stimate. Ci ricorda vagamente i proclami sentiti a casa nostra in questi mesi.
Da Pechino saltiamo in Qatar, dove a dicembre si giocheranno i mondiali di calcio. Doha di certo non è rinomata per il clima mite e per i suoi sport all'aperto, eppure le nazionali si sfideranno in stadi nuovi di zecca e condizionati. L'idea di raffrescare luoghi aperti è stata un giro di boa per la possibilità di ospitare eventi sportivi anche in luoghi dal clima umanamente inospitale. Le nazionali e i tifosi dovranno "fare i pendolari" tra Doha e il resto del mondo: i campionati interni non si fermeranno. Lo stato ospitante ci tiene a far sapere che questi mondiali saranno i primi ad essere "carbon neutral" usando anche la vecchia tecnica della piantumazione. Cosa difficile da immaginare lungo le strade sabbiose di Doha. Aggiungiamo poi la lunga ombra dei diritti umani, calpestati durante la costruzione degli stadi stessi, di cui troppo poco si è parlato.
Ed eccoci, infine, alle aride olimpiadi invernali in Arabia Saudita. Nonostante la regione abbia temperature invernali rigide, l'acqua dovrà essere stoccata a valle tramite una diga di dimensioni colossali. L'acqua (desalinizzata dal mare) sarà pompata per poi essere trasformata in neve tutto l’anno. La nuova città olimpica sorgerà sulle rive di questo nuovo lago e promette di essere l'avanguardia tecnologica in fatto di gestione dell'acqua, dell'energia e delle risorse ambientali. L'impatto climatico di questo evento ancora non è stato calcolato ma di sicuro non sarà trascurabile, anche se gli sviluppatori del progetto ci assicurano che sarà "sostenibile" (altra parola abusata anche dalle nostre amministrazioni). Cosa ci sia di sostenibile in un'olimpiade invernale che si svolgerà letteralmente nel deserto resta ancora un mistero.
L'unica sicurezza è che l'assegnazione dei giochi invernali all'Arabia crea dei pericolosi precedenti. Il primo: le Alpi e i territori montani possono essere svuotati anche dell'unica fonte di turismo finora data per certa, lo sci. Nel futuro idealizzato dai petrolstati il turismo invernale non sarà più prerogativa dei territori alpini, indipendentemente dai risvolti che questo evento avrà sulla stabilità del clima del nostro pianeta. L'urgenza di diversificare le nostre economie è ancora più insistente anche in vista di un clima che sui versanti alpini meridionali si farà sempre più caldo e secco. Il secondo: abbiamo un vero problema, come umanità, con i grandi eventi sportivi. Sia in termini climatici che di accaparramento delle risorse locali. Fin quando è lecito emungere la poca acqua di una zona arida per innevare le piste? Speriamo di non scoprirlo a nostre spese tra quattro anni. Il terzo: se la pista da sci indoor di Dubai ci sembrava un'aberrazione climatica, stiamo assistendo al negazionismo più totale in veste sportiva. Se mai quest'opera si dovesse veramente fare, sta anche a noi cittadini, ai governi ma soprattutto agli atleti boicottare questi eventi che possiamo definire vero e proprio terrorismo climatico, le cui conseguenze si vedranno a livello globale.
Dobbiamo iniziare a prendere delle decisioni che non siano solo legate all’intrattenimento e al ritorno economico, ma che possano garantirci un futuro su questo pianeta. Prima lo capiremo, meno saremo disposti ad accettare eventi di questo tipo.