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Cop27, ecco perché in Egitto si sta decidendo anche il futuro delle Alpi

DAL BLOG
Di Ci sarà un bel clima - 12 novembre 2022

Per creare un coinvolgimento più ampio e inclusivo attorno alla causa climatica ed ecologica

In questi giorni a Sharm El Sheik, in Egitto, si stanno svolgendo i lavori di Cop27. È la conferenza Onu che riunisce tutti i paesi del mondo per discutere di cambiamenti climatici, decarbonizzazione e metodologie di mitigazione ed adattamento ad un clima estremo e che quest’anno ha raggiunto la 27esima edizione.

 

Sono le due settimane più importanti dell’anno per tutta la specie umana, due settimane in cui si definisce il nostro presente e si delinea il nostro futuro. Non esistono momenti e strumenti alternativi per la lotta al cambiamento climatico potenti quanto le Cop.

 

Eppure non se ne parla abbastanza, e anche quando avviene, spesso si parla più delle violazioni dei diritti umani che (purtroppo) avvengono quotidianamente nel paese ospitante (l’Egitto) che dei temi al centro dei lavori e che sono tanti e importanti proprio anche rispetto ai diritti umani oltre che ambientali. Si va dal “loss and damage” (chi paga le perdite e i danni degli eventi climatici estremi e quali sono le responsabilità che le nazioni hanno nella crisi climatica) alla decarbonizzazione delle nostre economie, dal ruolo della finanza nella lotta al riscaldamento globale (tramite investimenti nei fossili e non solo) agli impegni climatici che ogni paese si impegna a seguire (i compiti a casa per intenderci).

 

La conferenza sul clima di questo 2022 si è aperta con le parole del segretario dell’Onu, Antonio Guterres, che avverte i governi di tutto il mondo che l’umanità è “su un’autostrada diretta verso l’inferno climatico con il piede sull’acceleratore”. Le emissioni continuano a salire mentre dovremo ridurle drasticamente (l’Europa e l’Italia compresa si sono date l’obiettivo di dimezzare le emissioni entro il 2030). Non stiamo mantenendo le promesse, siamo distratti da mille altre cose, la dipendenza dai fossili (responsabili del 91% delle nostre emissioni) ci espone ad un futuro incerto e pericoloso.

 

Insomma, i lavori di Sharm El Sheik plasmeranno il futuro e la geografia del mondo intero, le nostre vite, i nostri territori. Sì, anche quelli delle Alpi.

 

Dagli ultimi report scientifici emerge infatti che i territori montani si stanno riscaldando il doppio rispetto ad altre zone del globo. Mentre la temperatura media a livello globale è aumentata dal periodo pre-industriale di +1,2°C, la temperatura media sui rilievi è aumentata di +2°C. Queste estati e questi inverni caldi e privi di neve sono l’esempio lampante di come il riscaldamento globale stia impattando velocemente le montagne.

 

Trasportata nel nostro piccolo: se la popolazione mondiale ha la febbre a 37°C, gli abitanti della montagna hanno la febbre a 38°C. Sembra poco ma si sente e si vede a occhio nudo. Un essere umano sentirebbe subito la differenza di 1°C nel proprio corpo, eppure facciamo fatica a cogliere quella che è la “febbre del Pianeta Terra”. E come il sudore quando si ha la febbre alta, il primo sintomo è il discioglimento dei ghiacciai alpini che fondono per le alte temperature e per la mancanza di precipitazioni. Gli stessi stress idrici e climatici hanno effetti anche sulla vegetazione (perdita anticipata delle foglie, esplosione di parassiti come il bostrico) e sull’economia locale (gestione difficile degli impianti sciistici, degli alpeggi, degli allevamenti). A questo si aggiungono eventi estremi come gelate primaverili, acquazzoni con conseguenti smottamenti di fango, tempeste come Vaia.

 

Tutto quello elencato sopra non fa parte di un futuro lontano dominato dai cambiamenti climatici ma è già parte del nostro quotidiano. Solo che si tratta di eventi singoli e dilazionati nel tempo che rendono difficile una visione globale del sistema montano inserito in una crisi globale. Per unire i puntini e per poter affrontare le sfide del futuro dobbiamo essere consapevoli di cosa sta succedendo alle nostre montagne e vigilare sia sul clima che sulla politica (per questo è importante seguire cosa succede in Egitto questi giorni). Le scelte che i governi, e il governo italiano nel nostro caso, faranno nei prossimi 5 anni plasmeranno il nostro futuro prossimo, quello dei nostri figli e quello dei nostri amati rilievi.

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