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Cultura

Da OVS a Louis Vuitton: "Che cos’è una pista da sci se non una passerella innevata?". La moda guarda alla montagna

La maggiore frequentazione dei rilievi ha indubbiamente portato le grandi firme a guardare gli orizzonti verticali con particolare interesse. Da Armani a Dior, da Prada a Louis Vuitton, ma non solo: anche le aziende di fast fashion hanno puntato gli occhi sulla montagna

di
Pietro Lacasella
06 marzo | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

"Che cos’è una pista (da sci n.d.r.) se non una passerella innevata?" Si domanda Vogue in un recente articolo volto a indagare la mutata concezione dell'abbigliamento montano.

 

La maggiore frequentazione dei rilievi - aumentata in modo esponenziale in seguito alla pandemia - ha indubbiamente portato le principali aziende di moda a guardare gli orizzonti verticali con particolare interesse. L’abbigliamento da sci "sembra essere diventato la nuova frontiera della moda di lusso con gli appassionati che vogliono mostrare il loro stile", aggiungono i giornalisti di Vogue.

 

Se è vero che le grandi firme hanno da sempre popolato le principali località turistiche di Alpi e Appennini, allo stesso tempo questa dinamica si sta manifestando con crescente evidenza. Da Armani a Dior, da Prada a Louis Vuitton, ma non solo: anche le aziende di fast fashion hanno puntato gli occhi sulla montagna. A spiegarlo è IlPost: "Nel 2018 Zara realizzò la sua prima collezione da sci con alternative più economiche fatta di leggings, maglie termiche, tute impermeabili, occhialoni e giacconi, che definiva perfetta 'sia per la pratica dello sport che per il divertimento dell’après-ski'. (…) Nel 2023 sono arrivate la collezione sci di H&M e la collezione fatta da OVS con la sciatrice Deborah Compagnoni, mentre quest’inverno i negozi di Oysho vendevano doposci a 80 euro, pantaloni da indossare anche a -22 gradi, caschi e visiere".

 

Proviamo adesso a riformulare e a rispondere alla domanda iniziale: "La montagna è una passerella per le sfilate di moda?"

 

In primo luogo è necessario constatare che in un mondo che parla per immagini, molti territori montani si stanno progressivamente trasformando in set en plein air dove soddisfare le proprie velleità fotografiche. Di conseguenza, per non sfigurare sui social, le esigenze "tecniche" dell’abbigliamento devono per forza essere abbinate a quelle "estetiche". Non è infatti così raro sia proprio l’estetica, più che la qualità, a influenzare le scelte degli acquirenti.

 

Questa dinamica è stata evidenziata in modo efficace dall’ormai celebre vicenda-Roccaraso: le tute anni Ottanta indossate dalla maggior parte dei turisti che hanno raggiunto la località sciistica abruzzese, non sono passate inosservate. In molti si sono addirittura lanciati in manifestazioni di scherno. Perché mai? Perché le tute si scontrano proprio con gli odierni canoni estetici. È la stessa dinamica che induce molti ragazzi e ragazze, durante il periodo dell’adolescenza (quando l'apparenza gioca un ruolo non indifferente), a puntare il dito contro le scarpe fuori moda dell’amico o dell’amica.

 

L’attenzione per l’abbigliamento invernale sta inoltre dilagando anche in pianura. Tra le vie delle città e, soprattutto, delle metropoli, i piumini d’alta montagna non sono più una rarità.

In un contesto di rapido aumento delle temperature sembra quasi un controsenso, ma forse, azzardando una riflessione, la proliferazione di questi capi riflette una forma di nostalgia inconscia per ghiaccio e neve. Due elementi che, a causa dei cambiamenti climatici, stanno riducendosi nell’ambiente, ma saranno sempre più popolari nelle vetrine.

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