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Addio al bellunese Marcello De Dorigo: negli anni '60 fu il primo a battere i fuoriclasse scandinavi e russi dello sci di fondo. La sua carriera finì a soli 27 anni

La sua carriera finì, però, a soli 27 anni, il 28 novembre 1964. De Dorigo si trovava a Volodalen, in Svezia, in ritiro con la Nazionale. A causa della nebbia sbagliò strada e finì nel bosco: venne ritrovato dai soccorritori solamente alle 7 di mattina. Era vivo, ma gli vennero amputate sei dita dei piedi e l'incidente pose fine al suo percorso sportivo.

Di D.L. - 10 settembre 2024 - 11:47

BELLUNO. Il mondo degli sport invernali piange la morte dell'ex fondista Marcello De Dorigo, scomparso all'ospedale di Belluno - dove era ricoverato da qualche settimana - all'età di 87 anni.

 

Nativo di Rocca Pietore, divenne una delle punte di diamante della nazionale a partire dal 1957, anno in cui entrò nel giro azzurro, partecipando a due Olimpiadi (Squaw Walley nel 1960 e Innsbruck nel 1964) e due campionati del mondo (Lathi nel 1958 e Zakopane nel 1962). Nel suo palmare anche otto titoli italiani tra Juniores e Seniores.

 

Ma è nel 1963 che Marcello De Dorigo si fa conoscere al grande pubblico e diventa una "stella" della disciplina: è lui, infatti, il primo a battere gli inavvicinabili atleti scandinavi e russi. Vince la 15 km di Le Brauss, in Svizzera con lo stesso tempo del finlandese Oikarainen e, nelle gare pre olimpiche disputate a Seefeld, è secondo nella 30 chilometri alle spalle del norvegese Oesbye e s'impone nella 15 km davanti a fuoriclasse del calibro di Olsson, Hiermstad, Persson, Groenningen, Jernberg, Roennlund, Vaisanen, Tiainen e Kolchin.

 

L'incredibile successo gli valse anche la prima pagina sulla Domenica del Corriere, un fatto all'epoca straordinario per uno sportivo.

 

La sua carriera finì, però, a soli 27 anni, il 28 novembre 1964. De Dorigo si trovava a Volodalen, in Svezia, in ritiro con la Nazionale. Era uscito per un allenamento, ma poi aveva fatto rientro perché i guanti e il berretto che aveva indossato erano troppo leggeri per ripararlo dai -15 gradi. Una volta ripartito si era imbattuto in una fittissima nebbia, che gli aveva fatto perdere l'orientamento: il fondista bellunese imboccò una pista che, anziché condurlo all'albergo, si dirigeva in direzione dei boschi.

 

A -22 riuscì comunque a scorgere le luci di Volodalen e trovò la strada per rientrare ma, una caduta in discesa e la rottura di uno sci, lo costrinsero a rientrare a piedi. Alle 3 di notte, sfinito, si fermò e si tolse scarpe e calzini per massaggiarsi i piedi e provare a riattivare la circolazione.

 

Riuscì a trascinarsi per qualche altro chilometro e venne ritrovato dai soccorritori solamente alle 7 di mattina. Era vivo, ma gli vennero amputate sei dita dei piedi e l'incidente pose fine a quella che avrebbe potuto essere una carriera ancora più radiosa.

 

Una volta terminata la carriera agonistica, De Dorigo si era dedicato a quella imprenditoriale, costruendo - insieme al fratello Valerio (scomparso nel 2017) - gli impianti di risalita a Forcella Aurine. La sua vicenda venne raccontata qualche anno fa, in occasione del suo 80esimo compleanno, dalla regista Lucia Zanettin, che gli ha dedicato il film "Le stelle di Celi". Lo Sci Club Trichiana gli assegnò il premio "Gli Indimenticabili".

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