L'equilibrismo cinese dopo l'invasione russa: ecco le mosse di Pechino, tra il ruolo dell'Ucraina nella nuova Via della Seta e i 'pilastri' della politica estera
Dal 24 febbraio scorso, quando Putin ha dato il via all'invasione dell'Ucraina, la Cina di Xi Jinping si trova in una condizione di profonda ambiguità, spinta da una parte a sostenere la relazione 'speciale' con Mosca e dall'altra quelle (ottime) con l'Ucraina, dove dovrebbe passare una delle principali rotte terrestri della Belt and Road Initiative, la nuova Via della Seta. Per approfondire la questione il Dolomiti ha contattato la professoressa dell'Università di Trento Sofia Graziani
TRENTO. “È difficile fare previsioni, ma ritengo improbabile che la Cina si allinei con la Russia sull'invasione dell'Ucraina, evitando di ritrovarsi in una situazione che minerebbe gli interessi nazionali del Paese e porterebbe a un ulteriore deterioramento dei suoi rapporti con l'Occidente”. Insomma, dice a il Dolomiti Sofia Graziani, sinologa e storica della Cina contemporanea, docente al Dipartimento di Lettere e Filosofia e la Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento, il 'Dragone' probabilmente continuerà a mantenere una posizione ambigua sulla questione, spinta da una parte a sostenere la relazione 'speciale' con Mosca e dall'altra quelle (ottime) con l'Ucraina, che ha tra l’altro aderito pochi anni fa alla Belt and Road Initiative, la nuova Via della Seta, un progetto centrale nel piano di sviluppo globale cinese voluto dal presidente Xi Jinping.
“Per la Cina in questo momento – dice Graziani – la sfida è capire come strutturare il rapporto con la Russia dopo l'invasione. Nelle risoluzioni portate all'Onu per condannare l'invasione dell'Ucraina finora la Cina si è astenuta, opponendosi da una parte alle sanzioni imposte a Mosca e ribandendo dall'altra l'importanza di aderire ai principi di sovranità ed integrità territoriale in Ucraina”. Il tutto però riconoscendo la “complessità della situazione” e le “legittime preoccupazioni della Russia sulla sicurezza”, nelle parole del ministro degli Esteri cinese Wang Yi, e insistendo sulla necessità di una soluzione pacifica della crisi. Una posizione che riflette anche la delicata situazione politica all'interno del Paese, dove in autunno si terrà il XX Congresso del Partito Comunista che dovrebbe vedere l'avvio del terzo mandato del presidente Xi.
“Fin dai primi anni '50 – spiega la professoressa dell'Università di Trento – le autorità cinesi ribadiscono di basare i ragionamenti legati alla politica estera su cinque 'principi': il mutuo rispetto della sovranità e integrità territoriale, il principio di mutua non aggressione, quello di non ingerenza negli affari interni di altri Stati, l’uguaglianza e il mutuo vantaggio delle parti e la coesistenza pacifica. Tenendo a mente questi principi, a cui Pechino si è richiamata più volte in queste ultime settimane, è possibile in un certo senso comprendere, almeno in parte, la posizione odierna della Cina, che da un lato ha sì un rapporto sempre più stretto con la Russia (la cui evoluzione futura, va detto, al momento non è chiara, visto anche che all'interno del Paese ci sono posizioni diverse e anche critiche nei confronti delle azioni del Cremlino), ma che dall'altra non può non prendere le distanze dall’avventurismo di Mosca, anche per difendere la propria immagine e i propri interessi a livello internazionale”.
E proprio in questo contesto, sottolinea l'esperta: “La guerra in Ucraina pone delle sfide a Xi anche sul fronte delle relazioni con l'Occidente. La Cina da anni ambisce ad affermarsi sul piano internazionale e ad essere riconosciuta come un attore responsabile, questa situazione spinge il Paese di fronte a diverse sfide”. Un equilibrismo in sostanza che si traduce nella doppia astensione della Cina alle Nazioni Unite (prima nel Consiglio di sicurezza e poi all'Assemblea generale), rispettivamente per condannare l'invasione russa e poi per la risoluzione umanitaria per chiedere la fine delle ostilità. Non va poi dimenticato, come detto, che l'Ucraina è un attore importante all'interno delle progettualità legate alla nuova Via della Seta, e quindi il Paese riveste un ruolo strategico per la Cina.
“Le autorità cinesi – conclude Graziani – hanno più volte auspicato una soluzione diplomatica, dicendosi preoccupate per quanto sta avvenendo. In questo periodo sono state diverse le voci che hanno indicato nella Cina l'attore giusto per assumere un ruolo di mediatore, ma alla luce della complessità della situazione e, in particolare, dei problemi e delle incomprensioni con gli Usa è probabile che Pechino continuerà ad evitare di voler essere coinvolta direttamente nella questione”. E così continuerà anche l'equilibrismo cinese.