Tra “gemme vampiro” e eccessiva insolazione, quando il frutto della mora esce senza colore
Laureato in Scienze Agrarie all'Università di Padova, dal 1961 al 1994 è stato docente all'Istituto Agrario di San Michele
Si chiama Acalitus Essigi l’acaro eriofide che pungendo il frutto della mora coltivata provoca lo scolorimento di due-tre drupeole, cioè dei piccoli ingrossamenti che contengono il seme.
Il danno di tipo commerciale si nota solo al momento della raccolta. Un tipo di scolorimento che interessa l’intero frutto viene segnalato da Diego Gadler diplomato perito agrario all’Ita di S. Michele nel 1991 che coltiva 5 ettari di fragole e piccoli frutti, mora compresa, nell’estimo di Roncogno.
La causa di questo scolorimento, sostiene il giovane coltivatore, è genetica. Riferendosi alla varietà Loch Ness selezionata nei primi anni ’90 in Scozia, Gadler evidenzia la sua sensibilità al freddo che la rende parzialmente inadatta al clima del Trentino.
Trovandosi in difficoltà la pianta assicura la sopravvivenza propria e della discendenza a gemme latenti situate alla base. Il tecnico le chiama “gemme vampiro” perché danno origine a getti chimera i cui fiori producono frutti scoloriti.
I getti che nascono dalle radici, se la pianta resiste alle condizioni non ottimali, danno invece more ben colorite.
E’ quindi inutile trattare con polisolfuri e zolfo contro l’eriofide. Conviene invece rimettere la pianta in equilibrio vegeto-produttivo ed eliminare dalla base i polloni geneticamente fuorviati.
La tesi del giovane Gadler non è condivisa da altri coltivatori. C’è chi attribuisce lo scolorimento della mora ad eccessiva insolazione.