I barbi venivano cucinati per i malati e ora sono cacciati dagli aironi delle Dame di Sion
Laureato in Scienze Agrarie all'Università di Padova, dal 1961 al 1994 è stato docente all'Istituto Agrario di San Michele
I barbi sono pesci della famiglia Ciprinidi alla quale appartengono le carpe.
Si chiamano così perché ai lati del labbro superiore sono provvisti di un paio di barbilli che fungono da organi di senso. Da metà giugno i barbi si riproducono e dall’Adige, dove si trovano numerosi, risalgono il corso dell’Avisio fino alla serra di San Giorgio, il Fersina fino al ponte di Cornicchio e talvolta anche il Noce.
Maschi e femmine cercano banchi di ghiaia nei quali si svolgono la deposizione e la fecondazione delle uova. I gruppi di barbi che si agitano nell’acqua si possono vedere anche a Trento, lungo il Fersina.
Capita anche di cogliere l’attimo in cui due aironi cinerini, provenienti dal bosco delle Dame di Sion, catturano qualche esemplare e tornano rapidamente al riparo.
Le notizie sono fornite da Leonardo Pontalti, ittiologo della Provincia di Trento.
Pontalti ha lavorato negli anni ’90 a S. Michele avendo come maestro Alvise Vittori. Da lui ha appreso che il barbo si cucinava per i malati per la pregevolezza delle carni. Unico inconveniente la presenza di minutissime spine all’interno del filetto.