Aeroporto a Cortina? La soluzione (anche per le Olimpiadi) potrebbe tornare ad essere il treno: ecco perché
Per creare un coinvolgimento più ampio e inclusivo attorno alla causa climatica ed ecologica
di Michele Argenta
L’ultimo treno da Cortina partì il 17 maggio 1964 alle ore 18 e 20. La ferrovia Calalzo - Dobbiaco, che collegò le province di Belluno e Bolzano per più di mezzo secolo, giocò un ruolo fondamentale anche durante i Giochi Olimpici Invernali del 1956. L’allora presidente della Repubblica Gronchi arrivò alla cerimonia di inaugurazione proprio in treno.
In queste ultime settimane si è parlato molto delle difficoltà di raggiungere Cortina. Sia via strada, con le interminabili colonne lungo l’Alemagna, sia via aerea, come ipotizzato dalla ministra al Turismo del Governo Meloni, Daniela Santanchè.
La proposta della ministra di dotare di un aeroporto Cortina inquadra bene come la politica ignori le necessità e i problemi del territorio, nonché la gravità della crisi climatica di cui le Alpi sono un hotspot.
L'aeroporto, secondo la ministra, dovrebbe riportare Cortina a “essere veramente competitivi, nel confronto con altre stazioni sciistiche, come St.Mortiz, come Gstaad” eliminando il traffico automobilistico (definito dalla ministra stessa “un calvario”) e aumentando le presenze turistiche in valle. Aereoporto che servirebbe in gran parte a un turismo che sta divenendo via via sempre più elitario, che non considera la difficoltà dei corridoi di decollo e atterraggio in un territorio montano e che risulta in controtendenza rispetto alle richieste di limitare l’aviazione “di vicinanza” causa anche il grande impatto climatico.
Se quindi l’aeroporto sembra una soluzione relegata al secolo scorso, una soluzione per portare turisti (e sportivi, anche in vista delle Olimpiadi 2026) potrebbe tornare ad essere il treno. Il trasporto pubblico su ferrovia permetterebbe di smaltire le colonne infinite lungo l’Alemagna che stanno diventando insostenibili per i turisti, per i pendolari che si recano a lavoro a Cortina e per gli abitanti del paese stesso. Oramai quasi tutti i fine settimana, percorrere la tratta Cortina - Longarone in auto implica restare ore incolonnati nelle valli del Cadore.
Il treno delle Dolomiti potrebbe essere l’unica vera infrastruttura che Cortina e il bellunese necessitano per togliersi di dosso il problema delle auto. Il trasporto locale pubblico, attualmente condotto tramite autobus, resta esso stesso imbottigliato nelle colonne di veicoli che cercano di arrivare e partire dalla località ampezzana.
Se la politica vuole investire in infrastrutture guardando al lungo termine, il treno è di certo la soluzione migliore, non le autostrade o le tangenziali. Come ci insegna la Svizzera, i treni possono diventare loro stessi un veicolo di turismo (si veda il treno che porta a Saint Moritz o quello che raggiunge Zermatt) e contribuire sia a ridurre inquinamento delle valli sia a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che ci siamo dati come Unione Europea al 2030.
Ripristinare il vecchio tracciato del treno (ora in parte dismesso e in parte ciclabile) potrebbe assicurare alla valle un nuovo tipo di turismo lontano dal “mordi e fuggi” a cui oggi è abituata, anche in ottica di una riduzione graduale dell’industria dello sci nei prossimi decenni. Negli ultimi anni si era parlato di un ripristino della linea ferroviaria, con studi di fattibilità portati in regione e provincia, che sono finiti un cassetto.
Come scrisse Buzzati nel 1952, “le Dolomiti sono piccole e delicate e basta poco per deturparle. [...] Un giorno, quando le Dolomiti saranno tutte un autodromo, la loro poesia andrà a farsi benedire. E la gente preferirà la Svizzera”. Ora che abbiamo i fondi per poter ripensare il turismo dolomitico perché non guardare un passo in avanti, abbandonare il cemento, le auto e il fossile e puntare sul trasporto pubblico su rotaia?