Carnevale, tempo di bugie golose. Ecco perché si chiamano così
![](https://cdn.ildolomiti.it/s3fs-public/styles/articolo/public/articoli-blog/2025/02/145034320-0c6527f3-2656-4d47-9619-09a98f4dd269.jpg?itok=BAe1kQNv)
Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia
Carnevale, tempo di bugie golose, per esprimere l’effimero, l’inconsistenza e quindi rendere godibile anche le più sostanziose abbuffate gastronomiche. Specialmente quelle a base di maiale, non a caso abbinamento fonetico pregnante. Bugie gustose, da non confondere con bugie a sfondo politico. Lo hanno evidenziato autorevoli personaggi politici antigovernativi, analizzando - con criteri rigorosi - la roboante presa di posizione della premier Giorgia Meloni, in merito alla travagliata vicenda del tribale boss libico, liberato e trasferito a Tripoli con un volo di Stato, dopo il fermo in Italia e le pesanti accuse a suo carico avanzate dalla Corte penale internazionale dell’Aja.
Bugie meloniane di ampio clamore? Concentrate in un video di appena 2 minuti e 16 secondi. Il lasso di tempo che serve - disquisizione politica a parte - per una ghiotta quanto ironica pausa carnascialesca. Quella che esalta la croccantezza di una popolare specialità dolciaria legata al periodo che precede la quaresima. Ma perché si chiamano ‘bugie’? La spiegazione è complicata, per non dire bugiarda.
Scaturisce dalla maestria di rendere frivola una leccornia basata praticamente sul nulla, sfruttando tranci di sottilissime listelle da friggere dopo averle ottenute impastando farina bianca con un tocco di burro, altrettanto zucchero, uova, una grattata di limone e - volendo - un goccio di liquore (tipo marsala, pure la grappa è ammessa) senza tralasciare la vaniglia, ingrediente però raro nella consuetudine dolciaria delle Dolomiti.
Pasta ‘tirata’ prima con le mani, poi col mattarello, per avere una sfoglia il più sottile possibile; tagliata ‘ a losanghe’ - bordi ondulati - con l’apposito attrezzo dentellato - rotellina a smerli - e - poche alla volta, pezzi a forma trapezoidale o a piacere - prima di procedere alla frittura.
Che è determinante. Da farsi in abbondante olio (meglio se di semi, arachide in primis, anche se lo strutto può ulteriormente esaltare la croccantezza) per poi spolverare la dorata frittella (o come volete definirla) con zucchero a velo.