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A Roma ''Una piazza per l'Europa'' e se ne facessimo due? Anche a Trento il 15 marzo manifestiamo: tra Trump, Putin, guerre e minacce, ''se non ora quando?''

Chiediamo alla società civile, enti, partiti, movimenti, associazioni, semplici cittadini: chi ci sta a scendere in piazza per avere un'Europa politicamente più forte, più unita che non sia vittima delle prepotenze di Trump, dei ricatti di Musk e Vance, della violenza e del terrore provocato da Putin con una guerra sanguinosa come quella con l'Ucraina che resiste da 3 anni strenuamente e non va abbandonata? 

Di Luca Pianesi - 07 marzo 2025 - 06:00

TRENTO. “Una piazza per l’Europa” e se facessimo due? Il 15 marzo alle 15 a Roma si terrà una grande mobilitazione nazionale promossa da Michele Serra che l'ha lanciata tramite le pagine de La Repubblica. Una manifestazione “con zero bandiere di partito, solo bandiere europee. Qualcosa che dica, con la sintesi a volte implacabile degli slogan: “Qui o si fa l’Europa o si muore””, scriveva il grande giornalista autore de ''L'Amaca'' per lanciare l'evento. La situazione è davvero di quelle ''se non ora quando'' e allora abbiamo deciso di dare il nostro contributo e scendere in campo anche noi de il Dolomiti: perché non aggiungere ''Un'altra piazza per l'Europa''? Facciamo Trento?

 

Ma andiamo con ordine: per quella di Roma l'adesione cresce di giorno in giorno e più parla il presidente degli Stati Uniti, Trump, più aumenta la consapevolezza che è tempo di fare l'Europa per davvero. La guerra in Ucraina ha dimostrato plasticamente come il Vecchio Continente sia minacciato ad est da una potenza inaffidabile e criminale che ha fatto brandelli del diritto internazionale e ha tentato una violenta invasione di uno Stato sovrano capace, però, di respingerla e di tenerle testa per ben tre anni. Tre anni di resistenza strenua con centinaia di migliaia di vittime, forte anche degli aiuti europei e statunitensi. Una resistenza che oggi permette al presidente Trump di fare da gran cerimoniere per cercare una ''pace giusta'' o ''duratura'' o ''disperata'' (perché è bene ricordarlo se l'Ucraina non avesse combattuto strenuamente fino ad oggi non ci sarebbe nessuna trattativa da affrontare).

 

La vera emergenza, per l'Europa, però si è materializzata con l'arrivo alla Casa Bianca di Trump e dei suoi pericolosi sodali. Il metodo è quello dei peggiori mafiosi: ogni questione viene accompagnata da una minaccia esplicita sia quella di una guerra commerciale a suon di dazi che di un'aggressione vera e propria (''ci prenderemo la Groenlandia'', che fino a prova contraria è territorio danese, quindi europeo). Il presidente americano è quanto di più preoccupante sia successo al mondo da svariati decenni a questa parte e di fatto in pochi mesi ha smantellato il ''mito americano'' agli occhi del mondo. Da patria della democrazia e delle libertà oggi l'immagine che ne esce è di un paese dove i bilanciamenti di potere sono completamente saltati, il braccio destro del presidente è lo stereotipo di un cattivo di James Bond, il miliardario più miliardario che c'è che utilizza il suo social (dal nome che è tutto un programma ''X'') per spingere i movimenti di estrema destra al governo, si lancia in saluti romani, manda razzi nello spazio e possiede un sistema di satelliti che utilizza lui stesso come arma di ricatto prima con l'Ucraina e poi con la stessa Europa

 

E se non bastassero i saluti nazisti dell'ideologo del trupismo Steve Bennon (a ribadire che l'America non è più quella che liberava l'Europa e il mondo dal nazifascismo ma è qualcosa che pericolosamente guarda a quei modelli autoritari), il razzismo smaccato contro le minoranze, i ''muri'' minacciati e i rimpatri eseguiti, l'idea di fare di Gaza una specie di Las Vegas del Mediterraneo, i licenziamenti fatti dal giorno alla notte in vari ambiti poco amati dalla cordata presidenziale (guardiaparchi, esperti di tematiche ambientali, l'apparato che dal dopoguerra si occupava di cooperazione internazionale) si è arrivati a quella vergogna di qualche giorno fa nella Stanza Ovale con l'imboscata tirata al presidente Zelensky da Trump e dal suo vice Vance che qualche tempo fa aveva paragonato il suo attuale ''capo'' ad Hitler salvo poi convolarci a nozze.

 

Proprio Vance nelle scorse ore è riuscito a prendere di mira direttamente Repubblica bollando il corrispondente del quotidiano italiano a Londra di ''disonestà'' per un suo tweet nel quale riprendeva un passaggio dell'intervento del vicepresidente a Fox News. Senza entrare nello specifico della polemica spicca il fatto che il numero due di Trump scelga di prendere di mira dagli States proprio un giornalista di Repubblica che in questi giorni si sta facendo promotrice della manifestazione pro Europa di Roma del 15 marzo. E allora siccome, per citare un abusatissimo Andreotti, ''a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina'' vogliamo credere che quanto sta facendo il quotidiano diretto da Mario Orfeo stia davvero dando fastidio all'amministrazione Trump e sia la strada giusta da seguire. 

 

In un mondo dove superpotenze si fronteggiano sul piano prima di tutto economico, culturale, sociale e (purtroppo) anche dal punto di vista militare non è più possibile pensare di restare soli. Putin si è dimostrato un ''vicino'' di casa terribilmente inaffidabile e anche firmando una pace di qualche tipo con l'Ucraina il rischio che questa si trasformi più in una tregua che in una situazione stabile è fortissimo (nel 2014 prese la Crimea e glielo lasciammo fare con Berlusconi che presenziò anche alla parata della vittoria celebrando il dittatore russo che promise che lì si fermava la sua marcia: nel 2022 il mondo ha visto cosa ha fatto). Dall'altra parte dell'oceano gli Stati Uniti non sono più un alleato, un partner affidabile, lo ''zio Sam'' pronto ad aiutarci e proteggerci. Sono una mega potenza che considera l'Europa (come ha detto Trump) un continente che ''fotte'' l'America. La Cina è vicina (per citare Bellocchio) e commercialmente super aggressiva. 

 

E allora come il Dolomiti non possiamo che condividere l'appello di Michele Serra e de La Repubblica e lanciare la stessa iniziativa a Trento. ''Qui si fa l'Europa o si muore'', dice Serra. Noi aggiungiamo, per citare Primo Levi, ''Se non ora quando?''. Ci appelliamo alla società civile, enti, associazioni, partiti, comunità, singoli cittadini. Scendiamo in piazza per l'Europa. Bella, brutta, simpatica, antipatica. Churchill parlando della democrazia diceva ''è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate''. Ebbene l'Europa d'oggi è già questo: nella storia non si è visto niente di simile, pur con le sue storture e i suoi problemi. Dobbiamo migliorarla, eccome. Cerchiamo di renderla più forte, unita e vicina nell'interesse di tutti noi. Se non ora quando? 

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