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Israele - Libano, si teme l'escalation. L'esperto: "Netanyahu vuole neutralizzare la coalizione dell'Islam radicale". La Turchia pronta all'invasione? "Erdogan in difficoltà"

Pejman Abdolmohammadi, professore di Storia e Istituzioni del Medio Oriente all'Università di Trento, spiega che "le elezioni a novembre in America sono un punto molto importante a cui tutti stanno guardando" 

Pubblicato il - 29 July 2024 - 12:17

TRENTO. La situazione in Medio Oriente si fa sempre più grave e delicata. L'attacco missilistico di Herzbollah su un campetto da calcio nel Golan che sabato ha causato 12 vittime nella comunità drusa (QUI L'ARTICOLO) ha reso la situazione ancora più incandescente con l'attacco di Israele al Libano e il rischio di una estensione del conflitto.

 

“Siamo davanti ad una situazione molto delicata e che rischia di diventare grave” ha spiegato a il Dolomiti Pejman Abdolmohammadi, professore di Storia e Istituzioni del Medio Oriente all'Università di Trento. 

 

Oltre a questo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan nelle scorse ore ha lasciato intendere, in occasione di una convention del suo partito islamista Akp, che sarebbe pronto a invadere Israele per porre fine al conflitto palestinese. La preoccupazione, intanto, in Italia e a livello mondiale sta salendo. Il livello di attenzione sui 1.200 militari italiani schierati per garantire la pace è altissimo 

 

Professore Pejman Abdolmohammadi, siamo davanti ad un Medio Oriente in fiamme e la situazione dopo la strage di Golan è davvero delicata. Cosa sta accadendo e cosa ci dobbiamo aspettare? 

Siamo certamente davanti ad un'esclation che sta avvenendo passo per passo. La visione della politica estera del governo israeliano è quella di neutralizzare pienamente la coalizione dell'Islam radicale globale. Principalmente ci si focalizza nel sud del Libano, nello Yemen con gli Houthi , Hamas e la parte chiaramente relativa della Siria. Netanyahu porterà avanti questa sua strategia politica. Dall'altra ci sono Hezbollah e Houthi che sotto la guida di Teheran continuano a colpire e portare avanti una  proxy war  contro Israele. Quindi siamo davanti ad un'esclation molto delicata e che può diventare anche molto rischiosa. E' chiaro che le elezioni a novembre in America sono un punto molto importante a cui tutti stanno guardando. 

 

Ne abbiamo già sentito parlare nelle scorse ore, ma lei crede che possa esserci lo spazio per una mediazione diplomatica?
Ci sono molte difficoltà per un accordo. E' più probabile che Israele voglia mettere una sospensione per la questione di Hamas e Gaza. Un accordo è possibile si voglia fare in modo tattico nella zona palestinese. Ma nella zona del Libano la situazione non si risolverà così. Lo scopo di Israele è ripristinare un equilibrio nuovo nella regione. Questo lo può fare per la potenza militare, diplomatica e politica che ha, ciò che i Paesi Arabi non hanno. 

 

E' possibile che ci sia un'azione limitata in Libano? 
Assolutamente si. Uno dei punti essenziali è quello. Che poi ci si riferisce a Hezbollah, siamo davanti ad un campo minato. 

 

In tutto questo c'è poi il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ha minacciato di invadere Israele. Possibile?
Erdogan è abile. Vive una situazione di politica interna molto difficile. Sta perdendo sempre di più il consenso della sua stessa base elettorale. Ormai ha perso quel poco di parte laica che ora si sta concentrando su altre figure politiche, come il sindaco di Instambul, pronte a dare la spallata. Una delle poche cose che gli rimane da fare è la voce grossa sull'Islam politico globale. Ma è solo un tentativo di fare un po' di voce grossa, la sua forza politica non glielo permetterebbe. Solo apparenza, nulla di sostanziale. 

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