Da Gaza all'“epidemia da golpe” nell'Africa Subsahariana fino al ruolo (“sempre più importante”) dei mercenari nel mondo: ecco il nuovo Atlante delle guerre e dei conflitti
La pubblicazione, che punta a fornire un'analisi e una sintesi dei conflitti e delle missioni presenti sul nostro pianeta, è giunta alla 12esima edizione: ecco la presentazione del direttore Raffaele Crocco
TRENTO. Trentuno guerre e ventitré situazioni di crisi. Se si considerano i soli numeri, la fotografia delle tensioni e delle violenze presenti a livello globale non è cambiata rispetto allo scorso anno, ma sempre di più, guardando all'inasprimento dei conflitti e al crescere di una dialettica sempre meno diplomatica e sempre più incentrata sullo scontro, tanto il quadro attuale quanto le prospettive future appaiono tutt'altro che rosee. Ed è proprio questa situazione che, nella nuova edizione dell'Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo (il volume incentrato sull'analisi e la sintesi dei conflitti e delle missioni presenti sul nostro pianeta), il team di esperti guidato da Raffaele Crocco ha approfondito tra analisi, info-grafiche, fotoreportage e commenti. “Sono 31 guerre – sintetizza lo stesso Crocco nell'editoriale di apertura – sono un numero senza fine di crisi politiche, umanitarie, ambientali. Le persone in fuga dalla guerra sono 108 milioni: erano appena 20 milioni nel 2000. Sono più di 300 milioni gli emigranti in cerca di futuro in ogni Continente. Sono queste le immagini che avremmo dal pianeta, se lo guardassimo tutto assieme, dall'alto, in questi anni. Non è un mondo in salute quello che raccontiamo nella 12esima edizione dell'Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo”.
Tra le situazioni in netto peggioramento, spiega Crocco a il Dolomiti nel presentare il volume, c'è ovviamente il conflitto israelo-palestinese: “Parliamo di una crisi che conoscevamo da tempo ed il volume fa il punto alla fine del 2023, quando già avevamo visto il principio di ciò che sta accadendo ora dopo l'attacco di Hamas e la reazione di Israele”. Un dramma raccontato nelle pagine dell'Atlante anche dal potente reportage di Fabio Bucciarelli, in Cisgiordania tra novembre e dicembre, in una serie di scatti che raccontano l'aumento delle tensioni con i coloni e le incursioni militari israeliane nei territori palestinesi occupati. Dettagliati poi i focus dedicati alle situazioni nei vari continenti, a partire dall'Africa, dove una “epidemia da golpe” sta flagellando la fascia subsahariana. “Il nostro volume – aggiunge Crocco – vuole raccontare le guerre da due punti di vista: il primo, e centrale, è quello delle vittime. Il secondo, più analitico, è la ricerca delle cause profonde dei conflitti, che nascono spesso come effetto di profonde problematiche strutturali, dall'assenza di diritti alle disparità fino alle problematiche legate all'ambiente e alla crisi climatica”. Da qui, allargando lo sguardo, nella 12esima edizione dell'Atlante è stata affrontata anche lo dicotomia tra una visione di geopolitica basata sulla forza e sullo scontro e una, invece, basata sul rispetto dei diritti umani e della persona.
“Non si tratta di un ragionamento utopico ma molto pratico” aggiunge Crocco, che nel suo editoriale di apertura ha fornito un paio di dati estremamente interessanti sulla questione: “La corsa al riarmo sta drenando finanze destinate allo Stato sociale (là dove c'era ovviamente), alla cooperazione internazionale, alle politiche di conversione ecologica. I dati raccontano con chiarezza che nel 2022, a fronte di 2.200 miliardi di dollari investiti in armi, la comunità mondiale ha messo in campo solo 180 miliardi di dollari per la cooperazione tra i popoli. È meno del 10%. Il significato di tutto è semplice: le relazioni fra Paesi e potenze sono tornate a basarsi sulla forza, sul confronto militare”. Sullo sfondo di tutto si muove la nuova polarizzazione che, sul fronte geopolitico, si sta riformando a livello globale: “Nel lavoro di analisi che stiamo portando avanti – spiega Crocco – abbiamo nominato i due schieramenti 'filo-americani' e 'antagonisti'. L'uno fa capo, ovviamente, agli Stati Uniti mentre l'altro (sebbene molto più eterogeneo e legato dall'obiettivo comune di indebolire le politiche mondiali Usa ed il ruolo del dollaro) si è aggregato intorno alla Cina. E lo scontro sta diventando sempre più veloce, sviluppandosi su scenari di guerra apparentemente distanti ma collegati: l'Ucraina, l'Africa Subsahariana, Gaza, il Mar Rosso”.
In particolare, la crisi determinata dagli attacchi Houthi nell'area (proprio ieri pare che siano state attaccate due navi militari americane) sta vedendo una doppia reazione del mondo occidentale: “Gli Houthi – spiega Crocco – sono un'emanazione dell'Iran e stanno agendo nel Mar Rosso in nome della solidarietà al popolo palestinese (parlando di militanti sciiti, tra l'altro, va guardata con una certa attenzione l'anomalia che vede una così stretta vicinanza con i palestinesi, sunniti),ma bisogna ricordare che si tratta di un braccio armato di contrasto all'Arabia Saudita, nella messa in campo della strategia iraniana per ottenere un ruolo egemone nella regione. A questi attacchi sta risponde una doppia coalizione: la prima, guidata da Usa e Regno Unito, punta al bombardamento delle postazioni Houthi per evitare che possano partire i missili mentre l'altra, quella europea a guida italiana, almeno nelle dichiarazioni è completamente difensiva”.
Tanti poi i dossier affrontati su numerosi temi: dalla conseguenze degli ordigni esplosivi che rimangono sul terreno, un lavoro portato avanti insieme all'Associazione nazionale vittime civili di guerra, fino alla repressione delle proteste pacifiche e del dissenso (in collaborazione con Amnesty International) e al ruolo, sempre crescente, delle forze mercenarie nello scacchiere internazionale. “Il tentativo – conclude Crocco nell'approfondire il tema – è far capire che i mercenari sono tornati nella storia delle guerre moderne. Fino alla decolonizzazione, le forze private erano praticamente scomparse nel processo di formazione di eserciti costituiti da cittadini dello Stato-nazione. Con la formazione però, da una parte, di entità che nulla hanno a che vedere con il concetto di Stato-nazione e dall'altra con l'indebolirsi del concetto stesso di Stato, è tornata a rafforzarsi una concezione professionale di esercito, che ha aperto all'utilizzo dei mercenari, di chi sceglie in pratica la professione militare di fronte alle cause più varie. Ad avallare questa dinamica sono le stesse Nazioni unite, che spesso utilizzano contractors per controllare l'arrivo di beni umanitari. Allo stesso modo sono decine di migliaia i mercenari assoldati per i più disparati servizi in Iraq, mentre Paesi come la Russia (in particolare con la nota compagnia Wagner, che non è certo finita con la morte di Prighozin e che oggi gioca un ruolo molto importante in diverse zone dell'Africa) fanno un uso particolare di forze mercenarie per espandere la loro politica estera. Si tratta di una realtà, quindi, che è tornata a riaffacciarsi sullo scacchiere internazionale”.
Parlando infine di fotografia, nel volume si troveranno anche gli scatti realizzati dai finalisti del concorso fotografico Wars, vinto in questa edizione da Siegfrid Modola per il suo reportage dal Myanmar.