Nel Corno d'Africa è allarme fame, Raffaelli: “A rischio fino a 20 milioni di persone. Situazione drammatica tra siccità, Covid e conflitti”
L'allarme è stato lanciato dal World food programme delle Nazioni Unite, che sottolinea come nel primo trimestre del 2022 circa 13 milioni di persone tra Etiopia, Kenya e Somalia si troveranno ad affrontare gravi situazioni di fame a causa della siccità peggiore dal 1981. Raffaelli: “Al momento 7 milioni di persone nell'area necessiterebbero di assistenza umanitaria urgente, ma le stime arrivano fino a 20 milioni di individui"
TRENTO. La siccità peggiore dal 1981 sta mettendo in ginocchio il Corno d'Africa dove, secondo le stime del World food programme delle Nazioni Unite, nel primo quadrimestre del 2022 circa 13 milioni di persone tra Etiopia, Kenya e Somalia si troveranno ad affrontare situazioni di fame estrema. “Al momento – dice a il Dolomiti Mario Raffaelli, già sottosegretario agli esteri, inviato speciale del governo italiano nel Corno d'Africa e presidente Amref – ci sono 7 milioni di persone che hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria, le stime per i prossimi mesi però arrivano fino ad un massimo di 20 milioni di persone a rischio”.
Secondo l'ex sottosegretario agli esteri in questa fase nel Corno d'Africa si intersecano tre problematiche: “La prima è la pandemia, anche se vista la popolazione estremamente giovane dell'area si tratta di una crisi diversa da quella che viviamo in Europa, la seconda la siccità e la terza l'instabilità e i conflitti ormai endemici nella zona”. La mancanza di piogge in particolare ha portato alle peggiori condizioni di siccità dal 1981: “Ormai sono tre le stagioni delle piogge mancate – continua Raffaelli – mentre in alcune zone sono arrivati improvvisi ed inusuali temporali che hanno distrutto molti raccolti. Le condizioni attuali hanno poi favorito una proliferazione spropositata di locuste e a catena problemi in tutta la catena del sostentamento, compreso l'allevamento di animali”.
Il rischio in sostanza è che in tutta la zona l'allarme attuale si traduca in un vertiginoso aumento di morti causati dalla fame. “L'emergenza – dice Raffaelli – coinvolge tutta la fascia tra Somalia, Kenya ed Etiopia. La catastrofe umanitaria sarebbe potenzialmente enorme e le stime parlano di circa 400 milioni di dollari per far fronte a questa situazione. Gli appelli sono già stati lanciati, ma in questo momento le problematiche in Africa sono al di fuori dei radar e l'attenzione mediatica internazionale è concentrata su altri temi”. Per quanto riguarda le possibilità di aiuto da inviare sul campo, rispondere all'emergenza è leggermente più facile in Kenya, spiega l'ex sottosegretario agli esteri, dove la situazione è più stabile. Diverso invece il discorso per Etiopia e Somalia.
“In Etiopia in particolare – spiega Raffaelli – da un anno e mezzo ormai prosegue la Guerra del Tigrè per le tensioni tra il governo di Addis Abeba e il Fronte popolare di liberazione del Tigrè. La situazione ormai si è incancrenita e a questo punto tra Etiopia e Tigrè è impossibile portare aiuti perché mancano le condizioni di sicurezza oppure perché è il governo stesso a bloccarli”. Per scongiurare una possibile catastrofe quindi, conclude Raffaelli, è necessario operare su due fronti: “Da una parte intervenire tempestivamente con massicci aiuti umanitari per sostenere le popolazioni vittime della siccità e dall'altra creare processi di pacificazione nelle aree di conflitto per rendere possibili e più efficaci gli interventi stessi”. Al momento, si legge in una nota dell'Onu, il World food programme sta distribuendo delle risorse 'salva-vita' di cibo e assistenza alle comunità colpite, garantendo anche aiuti economici e schemi assicurativi per aiutare le famiglie ad acquistare alimenti e tenere in vita il bestiame, risarcendo chi invece subisce perdite.