Guerra in Ucraina e incubo atomico, quali sono i Paesi che hanno la bomba? Quanti ordigni esistono oggi e dove sono localizzati?
Con un'info-grafica l'Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo ha risposto a queste domande dopo gli inquietanti scenari che ha delineato negli scorsi giorni il presidente russo Vladimir Putin: ecco tutti i dati
TRENTO. Prima, con l'inizio dell'invasione dell'Ucraina, aveva parlato di “conseguenze mai viste nella storia” per chiunque fosse intervenuto (una velata ma chiarissima minaccia all'utilizzo di armi atomiche) poi, pochi giorni dopo, ha dichiarato d'aver “attivato” i sistemi di deterrenza nucleari russi: da quando ha dato il via alla guerra in Ucraina insomma, il presidente russo Vladimir Putin ha fatto riferimento in più di un'occasione alla propria potenza nucleare, facendo ripiombare il mondo in un incubo che sembrava in qualche modo essersi allontanato dopo la fine della Guerra Fredda. Ma quanti ordigni possiede la Russia? Quanti la Nato? E dove sono distribuiti nel mondo?
Per rispondere a queste domande l'Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo ha realizzato un'info-grafica molto precisa, che documenta la storia del “rischio atomico” sul pianeta. In tutto, dice l'Atlante, sono 9 gli Stati dotati di capacità nucleare: Russia, Stati Uniti d'America, Cina, Regno Unito, India, Corea del Nord, Francia, Pakistan e Israele (sebbene, in quest'ultimo caso, la posizione ufficiale delle autorità sia di non confermare né negare l'esistenza di un arsenale nucleare israeliano). Cinque sono poi i Paesi che ospitano testate nucleari Usa in schieramento avanzato per la Condivisione nucleare Nato, un 'club' nel quale rientra anche l'Italia.
Nelle basi di Aviano e Ghedi Torre infatti (come a Buchel in Germania, a Incirlik in Turchia, a Kleine Brogel in Belgio e a Volkel nei Paesi Bassi) sono stanziati ordigni tattici. Si tratta in tutto di 150 bombe gravitazionali B61, eventualmente lanciate da velivoli degli Stati ospitanti anche se, dicono gli esperti dell'Atlante, verranno a breve sostituite con le B61-12, modulabili in potenza e guidabili via satellite sul bersaglio. In tutto sono 27 invece gli stati che sostengono il nucleare militare, in quanto parte di Alleanze nucleari (come la Nato) oppure alleati di Paesi nucleari. D'altra parte invece sono 54 i Paesi che hanno bandito l'atomica. In tutto oggi nel mondo le testate nucleari sono 13.400, delle quali 3720 schierate, 1.800 pronte a lancio.
Più del 90% del totale degli ordigni appartengono a Usa e Russia (che detengono rispettivamente 5.800 e 6.375 testate, per dare un metro di paragone la Cina ne possiede in tutto 320, la Francia 290), gli unici Paesi ad aver costantemente diminuito i propri arsenali dal picco storico di 70.300 testate del 1986. “Cina, India, Pakistan, Corea del Nord e Regno Unito – si legge sull'Atlante – stanno invece perseguendo la proliferazione verticale, cioè l'aumento delle testate”. Storicamente anche Ucraina, Kazakistan e Bielorussia hanno controllato testate nucleari ex-Urss, mentre il Sud Africa è l'unico Stato nucleare che ha deciso di smantellare i propri ordigni e rinunciare alla bomba (nel 1991).
Come risulta dall'info-grafica, sono molte le aree del mondo sulle quali sono stati sperimentati degli ordigni nucleari in passato. Tra il 1945 e il 2017 sono stati 2.056 in tutto i test nucleari di superficie o sotterranei effettuati: per prevenire l'impatto su salute e ambiente e per rendere più difficoltoso lo sviluppo di nuove armi nucleari, nel tempo sono stati siglati due trattati: il Trattato per la messa al bando parziale dei test nucleari (nel 1963), attualmente in vigore, che vieta test nucleari sulla superficie terrestre, nell'atmosfera e sott'acqua, ed il Trattato per la messa al bando totale dei test nucleari (1996) che, dopo esser stato firmato da 185 Stati, non è ancora entrato in vigore per l'assenza di firma o ratifica al suo Annesso 2 di Usa, Uk, Pakistan, India, Israele, Iran, Egitto e Corea del Nord. L'ultimo test sotterraneo è stato condotto dalla Corea del Nord nel 2017.
Nel solo 2020 la spesa militare per mantenere e modernizzare gli armamenti nucleari è stata di 72,9 miliardi di dollari, circa 137mila dollari al minuto. Nel mondo però, conclude l'Atlante, esistono delle zone libere da armi nucleari: si tratta di aree all'interno delle quali gli Stati hanno firmato dei trattati multilaterali che li vincolano a non fabbricare, acquisire, testare e possedere testate nucleari: “Ad oggi sono cinque, e coprono l'intero emisfero australe del pianeta: America Latina e Caraibi (dal '67, Trattato di Tlatelolco), Pacifico Meridionale (dall'85, Trattato di Raratonga) , il Sud-est Asiatico (dal '96, Trattato di Pelindaba) e l'Asia centrale (dal 2006). Altri trattati impediscono poi di dislocare armi nucleari in Antartide, in Mongolia, sui fondali marini e nello spazio”.