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Trump, il timore per i dazi anche in Trentino: “Usa secondo mercato, una guerra commerciale danneggerebbe tutti”. L'analisi di Schiavo: “Ecco gli scenari in Europa”

L'appello di Confindustria del Trentino: "Confidiamo nel buon senso nella nuova amministrazione Usa. In particolare, contiamo sul fatto che gli Stati Uniti siano consapevoli che una guerra dei dazi danneggerebbe anche l'America". Ecco gli scenari in Europa nell'analisi del direttore della Scuola di Studi Internazionali dell'Università di Trento, Stefano Schiavo

Di Filippo Schwachtje - 07 November 2024 - 05:01

TRENTO. “Per me la più bella parola nel dizionario è 'dazio', è la mia parola preferita”. Firmato Donald J.Trump, già 45esimo e ora 47esimo presidente Usa dopo la schiacciante vittoria alle presidenziali americane (alle quali va aggiunta la conquista repubblicana del Senato e, probabilmente, della Camera) contro la candidata dem Kamala Harris, sconfitta di misura in quasi tutti gli Stati chiave. Per l'autoproclamato “Tariff-man” l'introduzione di nuovi dazi è infatti un punto centrale nella politica commerciale statunitense, volta a incentivare la produzione e l'acquisto di prodotti Made in Usa (per gli economisti gli effetti sarebbero ben più complicati, con risvolti negativi anche sulla stessa economia americana, ma questo è un altro discorso) e da questa prospettiva le ricadute di una nuova 'guerra' commerciale sarebbero pesanti sull'intero sistema internazionale, tanto per gli avversari quanto per molti alleati degli Stati Uniti, Italia compresa. E se da una parte è vero che le boutade da campagna elettorale a cui da anni Trump ha abituato gli analisti sono ben altra cosa rispetto alla loro applicazione, dall'altra tra gli addetti ai lavori il timore di una maggiore chiusura del mercato americano è ben presente, con ramificazioni pesanti che interesserebbero l'Europa a diversi livelli, arrivando fino al nostro territorio.

 

Timore che, in Trentino, non nasconde il presidente di Confindustria, Lorenzo Delladio: "Auspichiamo - precisa in una nota - che con la nuova presidenza Trump la partnership commerciale tra il nostro Paese e gli Stati Uniti prosegua in maniera costruttiva a beneficio di tutti. Sappiamo quali siano state le sue politiche commerciali al suo primo mandato e conosciamo ancor di più le sue intenzioni: parlano chiaro le sue dichiarazioni in campagna elettorale, le promesse sui dazi e in particolare le politiche annunciate a proposito dei rapporti con il nostro Continente. Ciononostante, confidiamo nel buon senso della nuova Amministrazione Usa. In particolare, contiamo sul fatto che gli Stati Uniti siano consapevoli che una guerra dei dazi danneggerebbe anche l’America, ancor di più vista la stretta interconnessione tra le economie americana ed europea e al ruolo che potrà avere la Cina in questo nuovo contesto geopolitico". Per quanto riguarda poi il territorio provinciale: "I dati ci dicono che le esportazioni trentine tra il 2019, ultimo anno di Trump, e il 2023 sono aumentate in valore assoluto del +32%, con un miglioramento importante della nostra bilancia commerciale verso gli Stati Uniti. Speriamo che questa crescita possa proseguire anche con il nuovo presidente, ma ovviamente i timori ci sono e riguardano l’Europa, l’Italia e anche il Trentino". 

 

"Ricordo che gli Stati Uniti rappresentano il nostro secondo mercato di sbocco, con 620 milioni di euro di esportazioni nel 2023, che rappresentano il 12% del totale. I settori nei quali esportiamo maggiormente, come Trentino - conclude Delladio -  sono quello alimentare, dei macchinari e dei mezzi di trasporto, ma nessun settore sarebbe escluso dagli impatti di una politica protezionista: durante la sua campagna elettorale, Trump ha infatti parlato di dazi indistinti e trasversali, su tutti i prodotti importati. Gli americani hanno sempre dimostrato buon senso e pragmatismo, per cui confidiamo che continuino a essere un solido alleato dell’Italia e dell’Europa in campo economico, così come per la difesa comune in un contesto di delicati equilibri geopolitici a livello internazionale. Parallelamente servirà sempre più coesione tra i Paesi europei per poter affrontare questo nuovo corso con coraggio, diplomazia e determinazione". 

 

Nel dettaglio, spiega a il Dolomiti il direttore della Scuola di Studi Internazionali dell'Università di Trento Stefano Schiavo, durante la campagna elettorale Trump era arrivato a promettere ulteriori tariffe fino al 10% su tutti i prodotti importati dall'estero, percentuale che per il tycoon potrebbe aumentare fino al 60% per i prodotti cinesi. Stando ai dati forniti dal Wall Street Journal, attualmente l'aliquota tariffaria media su tutte le importazioni statunitensi è pari a circa il 2% e, guardando a un Vecchio continente alle prese con tassi di crescita non particolarmente brillanti (e con la crisi dell'automotive), le prospettive sul fronte europeo non sembrano particolarmente rosee

 

“Avevamo osservato una dinamica molto simile dopo la prima elezione di Trump – precisa Schiavo – e non è assolutamente certo che, una volta passata la campagna elettorale, la sua retorica polarizzante e per certi versi estremista si traduca in azioni politiche concrete. Poi, bisogna sottolinearlo, fare previsioni sul comportamento di Trump è sempre molto complicato”. Di certo c'è che il tycoon ha (stra)vinto le presidenziali facendo proprio dell'economia americana uno dei temi chiave nonostante, spiega ancora il direttore della Scuola di Studi Internazionali, il sistema economico statunitense abbia macinato record in continuazione negli ultimi anni e si presenti oggi come uno dei più in salute a livello mondiale. “L'onda lunga del malcontento per l'inflazione sembra aver pesato molto più dei risultati positivi – spiega – in termini di disoccupazione, ai minimi storici, e di aumento dei redditi”. E, come sempre, la soluzione alla “peggiore economia di sempre” (parole sue) presentata dal leader dei conservatori è, almeno apparentemente, semplice e diretta: aumentare i dazi (con la suggestione, rilanciata anche negli scorsi giorni durante la lunga chiacchierata con Joe Rogan, di utilizzare i proventi per rimpiazzare, in pratica, le imposte sul reddito). 

 

“Di fatto – spiega ancora Schiavo – i dazi andrebbero ad interessare i beni manifatturieri prodotti nei Paesi di tutto mondo eccetto il Canada e il Messico, legati agli Stati Uniti da un accordo di libero scambio, l'Usmca, firmato dallo stesso Trump durante la rinegoziazione del Nafta nel 2018. Nonostante i termini delle politiche commerciali proposte non siano del tutto chiari, le stime sull'impatto che l'introduzione di dazi del genere avrebbero sul contesto globale sono a tinte fosche. Per gli stessi Stati Uniti le previsioni sono di un calo del Pil dell'1% e proprio per questo è probabile che, nonostante quanto annunciato in campagna elettorale, da presidente Trump agisca in maniera decisamente meno drastica”. 

 

“In ogni caso – sottolinea il professore di UniTn – la maggior parte dei Paesi Ue commercia principalmente con i partner dell'Unione. Certo è che ci sono Paesi più o meno esposti rispetto al mercato statunitense”. In particolare Italia e Germania, le cui economie sono improntate all'esportazione, subirebbero il contraccolpo più forte. Più leggero invece l'impatto previsto su un Paese come la Francia, meno legato all'export. “A livello internazionale l'effetto più importante sarebbe ovviamente sulla Cina. Canada e Messico avrebbero invece il beneficio di poter continuare ad accedere al mercato americano senza tassi aggiuntivi ed il Messico in particolare potrebbe rappresentare un sostituto alla Cina sul fronte manifatturiero. In Europa le stime vedono un impatto pari al -0,2/0,3% sul Pil, sostanzialmente in linea con le previsioni per la Germania”. Come detto, l'Italia non sarebbe indenne: secondo i dati delle Assocameraestero infatti, nel 2023 l'Italia ha registrato verso gli Stati Uniti un attivo di bilancia commerciale di ben 44 miliardi di dollari, con un'ulteriore crescita (+5,4%) delle esportazioni verso gli Usa al valore record di 72,9 miliardi di euro

 

“Per quanto riguarda il nostro Paese – conclude Schiavo – gli Usa sono un importante mercato di sbocco in particolare per il settore della moda e per l'agroalimentare, con importanti investimenti fatti recentemente per penetrare in misura maggiore nel mercato americano e tutelare il Made in Italy. Guardando però al sistema economico nel suo complesso è assai improbabile che gli altri Paesi non rispondano allo stesso modo all'eventuale implementazione dei dazi annunciati da Trump, il che metterebbe gli Usa in una situazione di debolezza e di difficoltà sui mercati internazionali. E da questo punto di vista i Paesi europei potrebbero trovarsi nelle condizioni di sostituire in parte le esportazioni che in questo momento partono dagli Stati Uniti verso il resto del mondo. Fermo restando che personalmente non credo che i dazi verranno implementati in maniera così drastica e senza distinzione tra alleati e non alleati, quella di Trump potrebbe essere una strategia per ottenere in qualche modo delle condizioni di favore con i partner europei, giocando sul fatto che gli Usa sono il secondo mercato al mondo per consumatori e potere d'acquisto dopo la stessa Europa. Il rischio per l'Unione europea è che di fronte a tutto questo non si agisca con un atteggiamento univoco, che i singoli Paesi si muovano in ordine sparso per ottenere condizioni più o meno favorevoli incrementando le divisioni all'interno dell'Unione”.

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