"Non si può e non si deve uccidere tutto", anni '50 e '60 i primi studi per fermare gli antiparassitari
Laureato in Scienze Agrarie all'Università di Padova, dal 1961 al 1994 è stato docente all'Istituto Agrario di San Michele
Una dura presa di posizione contro gli effetti collaterali degli antiparassitari agricoli di nuova introduzione si trova nell’Almanacco Agrario dell’anno 1951. L’articolo è firmato da G.S. Candura, direttore dell’Osservatorio per le malattie delle piante della Provincia di Bolzano. L’autorevole messaggio contiene due passaggi significativi. “Il largo impiego di DDT e di altri prodotti organici di sintesi ha eliminato i parassiti naturali del ragno rosso i quali, divorandolo o succhiandone l’umore vitale, non lo facevano divenire mai agronomicamente dannoso”.
“Gli interessati venditori di esteri fosforici non vogliono sentir parlare di equilibrio biologico. Per loro gli esteri fosforici ucciderebbero TUTTO, comprese le uova, perciò i nemici naturali delle larve dei Lepidotteri che danneggiano le mele non sarebbero più necessari. Questi ragionamenti non si sentono per contro fare dai fitopatologi, essendo ovvio che NON SI PUO’ E NON SI DEVE UCCIDERE TUTTO”. L’anatema del prof. Candura non ha purtroppo avuto immediato riscontro. Solo 13 anni dopo (Almanacco Agrario 1964) Remo Trentini, responsabile dell’Ufficio per le malattie delle piante dell’Ispettorato agrario della Provincia di Trento, riprende l’argomento con un articolo intitolato “L’impiego di antiparassitari atossici e a bassa tossicità”.
Egli prende spunto dal libro “Silent Spring” (Primavera silenziosa) nel quale la biologa statunitense Rachele Carson lancia un allarme al mondo contro gli effetti negativi dell’uso ripetuto di insetticidi tossici e polivalenti, cioè dotati di ampio potere di azione, ma ad effetto devastante nei confronti dell’agro-ecosistema. Il titolo del libro fa riferimento alla presenza ridotta o totale di uccelli nelle campagne, silenziose per la mancanza dei loro canti primaverili. L’articolo di Remo Trentini troverà applicazione nella cosiddetta “Campagna atossici” lanciata qualche anno dopo e realizzata attraverso i centri per i trattamenti antiparassitari collettivi (vasche) attivati in varie zone del Trentino ed in particolare in Val di Non, anche per iniziativa di Gino Salvaterra, esperto di frutti-viticoltura dell’Ispettorato agrario provinciale.
Le vasche preparavano e preparano anche oggi (il loro numero è diminuito) le miscele antiparassitarie per i territori frutticoli e/o viticoli di competenza e quindi era possibile consigliare agli addetti l’acquisto di prodotti fitosanitari dotati di bassa tossicità per l’uomo e di minore impatto sull’agro-ecosistema. Sui numeri di Terra Trentina del 1971 e degli anni seguenti si riportano programmi di trattamenti antiparassitari da effettuare nelle diverse fasi fenologiche di melo, pero e viti con l’indicazione dei bersagli da colpire e suggerimenti generici sui prodotti da utilizzare.
La scelta del nome commerciale non compete ai funzionari della pubblica amministrazione. Purtroppo essi sono sempre più impegnati nel disbrigo di pratiche di ufficio. Nelle campagne trentine la consulenza in materia fitosanitaria è appannaggio quasi esclusivo dei tecnici delle ditte di antiparassitari, professionalmente molto preparati, ma costantemente pressati dall’organizzazione commerciale ad incrementare le vendite.
* Pt8 dell'inchiesta "Cento anni di difesa delle piante in Trentino"
dedicata alla memoria del dr. Mario Del Dot. L’iniziativa nasce da due considerazioni: il pubblico dei non addetti all’agricoltura deve essere messo in grado di farsi un’opinione personale sulle questioni che riguardano fitofarmaci e salute; ripercorrere un secolo di interventi di difesa fitosanitaria, consente di cogliere i cambiamenti migliorativi ottenuti anche per merito di persone preparate e coraggiose. Tra queste merita un posto di rilievo il dr. Mario Del Dot scomparso qualche mese fa. Ha iniziato la sua attività come medico condotto a Tuenno occupandosi in prima persona di fitofarmaci e di prevenzione dei pericoli che derivavano dal loro impiego. Nella sua operosa carriera di medico pubblico e di docente universitario si è poi occupato anche di malattie legate al lavoro agricolo.