Agitu, una donna che amava il suo lavoro e il Trentino: “Le capre adesso non sono più felici”
Amo raccontare frammenti di vita e tutto ciò che lascia un segno
"Le capre adesso non sono più felici". Così mia figlia ieri, quando, alla domanda su cosa stessi leggendo, ho risposto quel che sapevo di Agitu. Che era una pastora etiope, che lavorava qui vicino, e che è stata uccisa.
Ho conosciuto Agitu come si conosce qualcuno leggendone sui giornali. Avevo colto di questa donna alcuni tratti. Portava con sé le ferite di un passato doloroso. Aveva studiato per capire la cultura alpina. Aveva un sorriso grande. Amava il suo lavoro e questa nostra terra. Produceva formaggio. Buon formaggio.
Era diventata, si legge, simbolo di integrazione, Agitu. Da oggi, forse, sarà simbolo di un'integrazione interrotta e della ferocia umana.
Non è meno dolorosa, questa vicenda, se ad uccidere la pastora nella sua casa di Frassilongo è stato un africano come lei. Non è meno dolorosa, se l'odio razziale non c'entra. È come un film drammatico, ma è la realtà a due passi. Non puoi nemmeno dire che queste cose brutte succedono solo tanto lontano. Ci tocca, la violenza. Ci tocca ancor più, con l'anno nuovo alle porte.
Quello che sento, oggi, è il dolore per la morte di una donna. Una donna impegnata. Una donna che amava la sua terra natale, l'Etiopia, dove aveva cercato di tornare, ma che la aveva costretta a fuggire. Una donna che aveva sognato in Italia, nel nostro Trentino, una vita lontana dalla guerra. Una donna che sapeva avere parole gentili anche per chi la odiava. Una donna che fuggiva dalla violenza. Da quella violenza che l'ha travolta una sera d'inverno, mentre fuori cadeva la neve e copriva di bianco tutto attorno.