Giovanni Scalfi il trentino, ergastolano, illusionista che non ha mai digerito quei "quattro mesi in più"
La cronaca inattuale, la nostra preferita, ci porta al novembre del 1956. Lui è Giovanni Scalfi, trentino, ergastolano. Nonché illusionista. Personaggio da film. Passa alla notorietà per i suoi rocamboleschi tentativi di evasione, vuole sfuggire all'ergastolo comminatogli per complicità nell'uccisione di due funzionari di banca, durante una rapina. I giornali dell'epoca lo dipingono come sconcertante e stravagante personaggio, dalla vita romanzesca e avventurosa. Pensate: lui, ergastolano, non sa darsi pace per un'altra condanna. A quanto? Quattro mesi di reclusione, sentenza del tribunale di Cividale del Friuli.
La storia. Nel giugno del 1952 Scalfi fugge dal penitenziario di Porto Azzurro e su una barca raggiunge la spiaggia di Piombino. Poco dopo eccolo in Trentino dove i parenti e i pochi amici rimasti lo riforniscono di denaro. Passa il confine jugoslavo e là, spacciandosi per profugo politico, ottiene asilo. Per campare si mette a fare l'illusionista e si esibisce pure, pare con un certo successo, sui palcoscenici dalmati. Dopo un po' le autorità jugoslave si insospettiscono. Pensano: vuoi vedere che questo, anziché profugo, dalle simpatie comuniste - siamo in piena Guerra fredda - è invece una spia degli americani? Nel dubbio lo arrestano e lo rispediscono in Italia. E così la polizia si ritrova tra le mani l'uomo che da tempo cerca, in tutta Italia. Un ergastolano evaso.
Pochi mesi dopo Scalfi finisce davanti al magistrato. La Pretura di Cividale lo condanna, per espatrio clandestino, a quattro mesi di reclusione. Da aggiungere all'ergastolo. I quattro mesi "in più" gli vengono confermati anche dalla Corte di Udine. Sì, perché Giovanni Scalfi ricorre in continuazione contro quella condanna a quattro mesi. Che macchiasse la fedina penale dell'ergastolano?