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Una viticoltura moderna per valorizzare un patrimonio ambientale dimenticato: il progetto Spum.E per recuperare il territorio dell'Umbria

DAL BLOG
Di Ades, by Nereo Pederzolli - 03 October 2024

Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia

Quando il vino scala la montagna non trova solo le Dolomiti: pure i pendii degli Appennini. Anche quelli dimenticati e proprio per questo un patrimonio ambientale da tutelare con mirati interventi di viticoltura moderna. E’ il progetto di ricerca denominato Spum.E, acronimo di Spumantistica Eugubina. Proprio così: recuperare il territorio umbro vicino Gubbio sul versante montuoso. Per attuare una vitivinicoltura anzitutto ecosostenibile, in grado di produrre vino briosi. La dinamica suggestione delle bollicine d’autore.

 

Nei giorni scorsi a Gubbio è stato presentata l’iniziativa con relazioni d’autorevoli ricercatori dell’Università di Milano, tecnici viticoli che da anni studiano i territori in via di abbandono, spronando alcune imprese vinicole a recuperare aree vocate alla vite. Partendo da una constatazione: in Umbria quasi il 40% della superficie si trova ad altezze tra i 200 e i 400 metri, il 26% tra i 400 e i 600 metri, il 13% tra i 600 e gli 800 metri, e il 14% a più di 800 metri. Aree in quota dimenticate, ma che il cambiamento climatico rende particolarmente vocate alla vitis vinifera.

 

Lo ha ribadito il professor Leonardo Valenti, dell’ateneo milanese di Scienze agrarie, presentando i risultati sperimentali di 6 ettari, impiantati tra il 2017 e il 2019 con varietà idonee alla spumantistica, vale a dire Chardonnay e Pinot Nero. Vigneti a quota attorno gli 800 metri d’altitudine, terreni a suo tempi sfruttati come pascoli.

 

Le prime ‘sboccature’ delle bottiglie di spumante ottenuto con il Metodo Classico - la lenta rifermentazione del vino in bottiglia - hanno dato risultati decisamente incoraggianti. Con alcuni imprenditori vinicoli umbri decisi a scommettere sullo spumante eugubino.

 

Tra questi Marco Caprai, imprenditore di Montefalco, da sempre attento a non compromettere equilibri ambientali applicando tecniche di viticoltura decisamente a misura d’uomo. Sottolineando come, "a causa dei cambiamenti climatici in atto e del conseguente innalzamento delle temperature, i terreni in quota – ritenuti in passato inadatti alla viticoltura, se non 'eroica', e non di rado abbandonati da decenni proprio per la loro improduttività – possano dimostrarsi ora ideali per la coltivazione della vite, in fuga da calore e siccità, e quindi fungere da volano per la nascita di una nuova imprenditoria legata al vino", sottolinea Caprai.

 

"La nostra area è fortemente vocata alla viticoltura – ha sottolineato il sindaco di Gubbio, Vittorio Fiorucci –. Negli anni ’70 c’è stato un abbandono di questa pratica, una scelta castrante per il territorio. Il progetto Spum.E quindi ha una grande importanza per riportare in vita una fiorente coltivazione della vite nella nostra area".

 

Nel vigneto sono state anche installate moderne tecnologie a basso impatto ambientale nell’agro-ecosistema appenninico, con utilizzo di tecnologie innovative (IoT) capaci di analizzare il microclima del vigneto e le risposte fisiologiche delle piante (come le tecnologie di monitoraggio continuo delle variabili meteorologiche, di modellizzazione degli eventi avversi, dello sviluppo delle malattie, di contenuto idrico dei suoli, dell’attività fisiologica della vite).

 

Le previsioni delle IoT permettono, se adeguatamente informatizzate e connesse, di portare a piena produttività i vigneti di qualità annullando l’impatto sull’ambientale e minimizzando il consumo di risorse primarie. I dati emersi dalla ricerca per il progetto Spum.E potrebbero stimolare la nascita di un vero e proprio distretto della spumantizzazione in Umbria, oltre che essere da esempio virtuoso per altri territori montani italiani.

 

Temi a centro di una Tavola Rotonda a cui hanno preso parte Donatella Tesei, presidente della Regione Umbria; Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura e di Copa (Comitato delle organizzazioni professionali agricole), che rappresenta oltre 22 milioni di agricoltori in tutta Europa; Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola; Giovanni Colaiacovo, titolare di Azienda agricola Semonte ( partner di Spum.E) e Marco Caprai, amministratore delegato dell’Azienda agricola Arnaldo Caprai. Affrontando pure il concetto di ‘vocazione vitivinicola’, basata sulla reputazione del vino stesso. Partendo da una constatazione.

 

“La grande reputazione nell’antica Grecia del vino della Tracia, conosciuto come il vino di Dioniso non era legata alla vocazione per la viticoltura di quel territorio, peraltro freddo, ma ai commerci di ambra e stagno sicuramente più importanti del vino ed a un popolo di commercianti navigatori, i Focesi, che organizzavano anche la comunicazione di questo vino. A questo si affiancavano gli aspetti legati alla produzione, alla scelta del vitigno, della forma di allevamento, dei contenitori”.

 

Tesi più volte rilanciata dal professor Attilio Scienza, illustre studioso della vite che chiarisce inoltre il concetto di qualità enoica. La qualità si può fare dappertutto, è diventato un prerequisito. L’eccellenza, che vuol dire “spingere fuori”, è a latere della qualità data dal terroir e si sostanzia nei valori etici ed estetici, nel valore/onestà di chi produce e nella capacità di capirlo da parte di chi consuma. Questo rappresenta il salto di qualità che dobbiamo dare ai contenuti di uno specifico ambito territoriale. Che nel caso del Progetto Spum.E. lega strategie per tornare ai valori originari della vocazione, ossia l’autenticità, intesa come capacità di interpretare il territorio con un vino.

 

La “vocazione” è un patrimonio da non dissipare, perché porta con sé storia passata, un meccanismo culturale che ha trasformato la terra e il paesaggio.

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