Non solo siccità, con la crisi climatica a rischio la qualità dell'aria in Trentino? “Con l'inversione termica un catino inquinato unico con la Pianura Padana”
Al di là delle problematiche legate alla siccità che già oggi stiamo osservando, gli effetti della crisi climatica potrebbero favorire sempre di più anche la diffusione dell'inquinamento atmosferico in Trentino a causa della tendenza all'aumento dei periodi caratterizzati da anticicloni dominanti: ecco l'analisi di Giacomo Poletti
TRENTO. Da Riva del Garda a Trento, nel bollettino del 20 febbraio dell'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente relativo all'indice di qualità dell'aria, il giudizio che va per la maggiore è “scadente”. In tutti i casi, la causa principale è lo sforamento dei limiti di Pm 10 (le polveri sottili), la cui concentrazione negli ultimi giorni è arrivata a superare la soglia dei 50 microgrammi per metro cubo (sabato a Riva il dato è arrivato a superare anche quota 100 microgrammi, limite oltre il quale si parla di un indice di qualità dell'aria "pessimo"), mentre per quanto riguarda le altre sostanze prese in considerazione (biossido di azoto, ozono e biossido di zolfo) i dati sono attualmente migliori (anche se nelle ultime settimane sia Trento che Bolzano erano state inserite da Legambiente tra le 12 città peggiori d'Italia per quanto riguarda l'inquinamento da biossido di azoto, Qui Articolo).
Da giorni insomma, spiega a il Dolomiti l'ingegnere ambientale e membro di Meteo Trentino Alto Adige Giacomo Poletti, il Trentino si trova immerso in una cappa di smog e umidità, e la causa principale (oltre, ovviamente, alla produzione 'nostrana' di inquinanti) va ricercata proprio nelle condizioni meteorologiche, che tra assenza di precipitazioni e alta pressione imperante, stanno portando ad importanti inversioni termiche in grado di far entrare il territorio provinciale e la zona della Val Padana in una sorta di 'unico catino', nel quale gli inquinanti sono in pratica liberi di diffondersi. Una situazione che, in ottica futura, rischia di diventare sempre più frequente a causa della crisi climatica, aprendo di fatto sempre di più le porte del nostro territorio agli inquinanti della Pianura Padana. Ma procediamo con ordine.
“La base da cui partire – spiega l'esperto – è che la situazione meteorologica è il primo aspetto da considerare per quanto riguarda l'inquinamento dell'aria, e a favorire la persistenza degli inquinanti stessi è l'alta pressione”. Nelle ultime settimane (dall'inizio di febbraio sul nostro territorio non è ancora sceso un solo millimetro di pioggia) l'alta pressione non è certo mancata in Trentino, dove qualche giorno fa sono stati addirittura raggiunti i valori più alti al mondo (Qui Articolo). “L'alta pressione – continua Poletti – vede in sostanza l'aria scendere verso il basso e ciò mantiene in loco gli inquinanti che vengono prodotti”. In inverno inoltre, al contrario di quanto avviene nei mesi caldi, questa condizione è in grado di favorire importanti inversioni termiche, con il ristagno nei fondovalle dell'aria fredda (e degli inquinanti): ed è proprio in questo contesto che, dalla Pianura Padana, le sostanze sono in grado di diffondersi e raggiungere le nostre valli.
“Le inversioni termiche – spiega infatti l'ingegnere ambientale – possono avere spessori diversi, andando da qualche decina di metri fino ad arrivare, come negli scorsi giorni, a quote di 1.300/1.400 metri. In sostanza è come se ci trovassimo immersi in una sorta di lago: quando le inversioni 'maturano' e raggiungono quelle quote, è come se il livello dell'acqua si 'alzasse', collegandoci inevitabilmente con il bacino della Val Padana e permettendo dunque agli inquinanti di passare attraverso le porte di accesso meridionali del nostro territorio. Territorio che a sua volta, ovviamente, 'autoproduce' anche una propria quota di inquinamento”. A confermare questa tendenza sono proprio le autorità dell'Appa, che all'interno del Piano aria provinciale spiegano come, in particolare nella stagione invernale e in presenza di particolari condizioni meteorologiche “all'indubbio contributo delle emissioni locali, si può sommare un significativo contributo derivante dal trasporto di inquinanti, precedentemente accumulati nel Bacino Padano, proveniente da sud. Tale fenomeno interessa prevalentemente la Valle dell'Adige, l'Alto Garda e la Valle dei Laghi: in queste occasioni si osserva un innalzamento delle concentrazioni di particolato (Pm 10) in atmosfera a partire dal Trentino meridionale, con valori che si attenuano man mano che si sale verso nord, mentre le valli laterali restano più riparate da questo fenomeno”.
Come anticipato, si tratta di una problematica che si verifica a causa di particolari condizioni di alta pressione (per la presenza quindi di periodi anticiclonici prolungati), ma guardando al futuro, come già riportato in passato (Qui e Qui Articolo), a causa degli effetti della crisi climatica la tendenza anche sul nostro territorio sembrerebbe essere quella di una frequenza sempre maggiore di periodi anticiclonici (di alta pressione) prolungati, intervallati da brevi precipitazioni. “Quando aumenta la frequenza di anticicloni – sottolinea Poletti – aumenta di conseguenza anche il ristagno d'aria. È difficile prevedere se in futuro gli inverni in Trentino saranno sempre più anticiclonici, ma nelle ultime due stagioni fredde questa condizione è stata palese e la tendenza osservata è quella di vedere sempre più periodi caratterizzati da anticicloni dominanti”. Insomma, sintetizzando: al di là delle problematiche legate alla siccità che già oggi stiamo osservando (Qui Articolo), gli effetti della crisi climatica potrebbero favorire sempre di più anche la diffusione dell'inquinamento atmosferico in Trentino, dove la qualità dell'aria, dice Poletti, è in una fase di continuo miglioramento dagli anni '90 (in particolare per il minor consumo di kerosene, gasolio e legna per il riscaldamento delle abitazioni).
“Tra le varie sostanze inquinanti – continua l'esperto – troviamo le polveri sottili, le Pm10 (per il diametro, inferiore ai 10 micron), molto legate al riscaldamento domestico e all'utilizzo delle stufe a legna, oltre che ai motori diesel. In assenza di precipitazioni hanno un tempo di residenza di diversi giorni e possono espandersi sui fondovalle”. Oltre ai processi di combustioni, le polveri sottili vengono liberate nell'aria anche per l'utilizzo dei freni dei veicoli o per il consumo delle ruote: “Pensiamo per esempio all'A22 – continua l'esperto – che snodandosi per la maggior parte all'interno di una valle chiusa, in queste fasi di forte inversione termica è una significativa fonte d'inquinamento sul nostro territorio. Il tutto senza contare lo smog in arrivo da sud”. Il secondo 'marker' relativo alle condizioni dell'aria è il biossido di azoto (No2), continua l'esperto, che si sviluppa in tutti i processi di combustione ad alta temperatura. “Il benzopirene invece – spiega Poletti – viene liberato tipicamente dai veicoli a benzina e dalla combustione della legna e, insieme alle polveri sottili, è una sostanza cancerogena accertata”. L'ozono in bassa atmosfera poi (“non stiamo parlando di quello che ci protegge dai raggi ultravioletti, che si trova invece migliaia di metri sopra le nostre teste”) si forma come inquinante secondario (con una reazione chimica che parte dagli inquinanti di partenza, come gli ossidi di azoto) presenta tempi di residenza molto alti ed è quindi in grado di 'viaggiare' a lungo.
“Per abbattere la presenza di queste sostanze nell'aria – conclude Poletti – è necessario l'arrivo di perturbazioni, che da una parte rimescolano l'aria stessa e dall'altra, grazie alla pioggia, abbattono fisicamente gli inquinanti”. Per la gestione della problematica in Pianura Padana, da anni è attivo il progetto LifePrepair, che riunisce tra gli altri anche diversi partner istituzionali (tra i quali anche la Provincia di Trento, oltre alle Regioni Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte e Friuli Venezia Giulia) con l'obiettivo di ridurre i livelli di inquinamento nell'area (Qui il link alla pagina del progetto). Per dare un'idea dell'estensione del territorio interessato dalla questione, le azioni del progetto “si estendono anche alla Slovenia con lo scopo di valutare e ridurre il trasporto di inquinanti anche oltre il mare Adriatico”.