Tossicodipendenza, un sistema fermo da 40 anni che lascia soli i giovani: "I tempi di attesa diventano condanne"
Il mondo cambia e i servizi rimangono fermi, diventando giorno dopo giorno troppo lenti per rispondere alle nuove sfide che ci troviamo davanti. Il fenomeno delle dipendenze giovanili (ma non solo) è in costante crescita, e sono evidenti i segnali che non siamo pronti ad affrontarlo. L'esperto: “La vera strada da affrontare in questo momento è quella del coraggio, dell'innovazione. Il nuovo va cercato con uno sguardo sgombro da pregiudizi”

TRENTO. Due mesi di attesa per entrare in comunità. Un tempo infinito per chi cerca disperatamente di uscire dal tunnel della tossicodipendenza. Un tempo che spesso si trasforma in una condanna: chi prima voleva salvare la propria vita decide di arrendersi e perdersi nuovamente nella droga.
È la realtà drammatica che vivono molti giovani in Trentino, costretti a fare i conti non solo con la dipendenza, ma anche con un sistema di aiuto già da più parti definito inadeguato perché fermo al passato e intento a proteggersi. Un sistema che lascia sole anche le famiglie, alle prese con il dolore dei propri figli, ulteriormente appesantito dalla burocrazia.
Nel frattempo, la tossicodipendenza, anche in Trentino, non aspetta: va avanti, distrugge vite. Il mondo cambia e i servizi rimangono fermi, diventando giorno dopo giorno troppo lenti per rispondere alle nuove sfide che ci troviamo davanti.
“Se una persona che sta buttando la propria vita e non crede più in sé stessa ha un barlume di lucidità, è in quel momento che bisogna coglierlo al volo, perché la volontà di un tossicodipendente è labile e fragile. I tempi di attesa diventano condanne”, spiega a Il Dolomiti l'esperto Federico Samaden.
Il problema rimane quindi l'incapacità del sistema trentino di comprendere la propria inefficacia. “Una sorta di male che il Trentino – spiega Samaden – non vuole obiettivamente guardare con lucidità, senza nessun tipo di pregiudizio né in un senso né nell'altro. Il sistema è come tutti i sistemi pubblici, con gioie e dolori. Ma in questo caso, da 40 anni si gestisce la situazione con lo stesso schema e le stesse regole: bisogna fare un passo in avanti”.
Il fenomeno delle dipendenze giovanili (ma non solo) è in costante crescita, e sono evidenti i segnali che non siamo pronti ad affrontarlo.
“Il mondo è cambiato: arriveranno sempre di più le conseguenze di una decadenza culturale. Ci sono nuove sostanze in un mercato sempre più dinamico. A fronte di tutto questo, il sistema dovrebbe sentire il bisogno, nella responsabilità che ha usando i soldi pubblici, di farsi fare un check, per capire quali sono le fasce di efficienza e inefficienza”. Questo, però, fino ad oggi non è avvenuto.
“Il Serd, in primo luogo – continua Samaden – non è disposto a mettere in discussione il proprio ruolo. Nel momento in cui il servizio pubblico non è più capace di soddisfare i bisogni delle persone, la strada che potrebbe essere percorsa è quella dei Serd convenzionati”.
E poi c'è il tema delle comunità, dei tempi di attesa – che molti hanno definito troppo lunghi per riuscire ad accedervi – e della necessità di innovazione. “Mandare in comunità costa, e questo è un aspetto che porta a determinate scelte. Ma ci sono anche tantissimi vincoli imposti da un sistema pubblico che, con il passare degli anni, ha stritolato queste realtà, che mai come oggi si trovano in un momento di ripensamento e trasformazione, che deve andare oltre la cornice avuta in questi anni”, continua Samaden.
Tra le proposte dell’esperto c'è anche la creazione di “luoghi di tregua” per i ragazzi: spazi educativi dove i giovani possano staccarsi dal loro ambiente e dalle loro abitudini nocive, per praticare sport, stare a contatto con la natura, studiare e rielaborare la propria situazione in un contesto protetto. Luoghi che aiutano a interrompere le abitudini negative, un passo senza il quale non possiamo sperare in un cambiamento.
“La vera strada da affrontare in questo momento è quella del coraggio, dell'innovazione. Il nuovo va cercato con uno sguardo sgombro da pregiudizi”, conclude l'esperto.