Peste suina africana: vietata caccia, raccolta funghi e trekking nella zona infetta. Coldiretti: “Trovare soluzioni anche in Trentino”
Dopo i casi positivi registrati negli ultimi giorni tra Piemonte e Liguria il governo ha stabilito le misure di contenimento previste nella zona infetta, Coldiretti Trentino Alto Adige: “Serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario”

TRENTO. “E’ un segnale importante anche per il Trentino Alto Adige la firma dell’ordinanza ministeriale per fermare la diffusione della peste suina africana”. Le parole del presidente regionale di Coldiretti Gianluca Barbacovi arrivano dopo la presentazione delle misure decise dai ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche agricole Stefano Patuanelli per cercare di arginare il contagio dopo i primi casi confermati negli scorsi giorni tra Piemonte e Liguria. Misure che vietano, all’interno della zona infetta (che conta al momento ben 114 Comuni tra le Province di Alessandria, Genova e Savona) la caccia (salvo quella selettiva al cinghiale), la raccolta dei funghi e dei tartufi, la pesca, il trekking, il mountain biking e “altre attività che prevedono l’interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti o potenzialmente infetti”.
Per Barbacovi è infatti fondamentale “la tempestiva adozione di provvedimenti che consentano alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza”. Coldiretti Trentino Alto Adige, sottolinea l’associazione in una nota, si mobilita soprattutto “in considerazione dell’ingente presenza di cinghiali in alcune aree della Regione”. Come aveva spiegato a il Dolomiti il professore Ezio Ferroglio, direttore della Scuola di Agraria e Medicina veterinaria all'Università degli Studi di Torino (Qui Articolo): “Nei suini il virus ha una mortalità che va dal 90 al 100%. In caso di focolaio, non esistono alternative se non l'abbattimento di tutti i capi sospetti” e i rischi per l’economia del territorio sono molti.
“La proliferazione dei cinghiali in alcune zone del Trentino Alto Adige – sottolinea Barbacovi – rappresenta evidentemente un ulteriore problema, in questo caso anche sanitario. Lo scorso luglio a Trento siamo scesi in piazza per chiedere azioni di prevenzione del cinghiale a tutela delle nostre aziende (Qui Articolo). Sappiamo che la Provincia si è fatta carico del problema e confidiamo si trovi a breve una soluzione efficace”. Per cercare di arginare il problema in questa fase, aveva detto Ferroglio: “E’ fondamentale da un lato evitare una sorta di 'malattia mediatica' e dall'altro mettersi piuttosto al lavoro per segnalare tutte le carcasse di cinghiali sul territorio, per delimitare al meglio l'area colpita e bloccare sul nascere eventuali fuoriuscite del virus”.
Come detto, nella zona infetta le limitazioni sono molte: “L’ordinanza in vigore per sei mesi – continua Coldiretti – si pone l’obiettivo di ‘porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto della diffusione della Peste suina africana e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio suinicolo nazionale e degli interessi economici connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”. Per Coldiretti insomma, serve subito “un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo perché è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste”.
Per la gestione della pandemia comunque, ha ricordato il professor Ferroglio sottolineando come non sia possibile "stabilire con certezza da dove sia arrivato il virus", un progetto europeo è già attivo dal 2016 e per segnalare tutte le carcasse di cinghiali sul territorio, e quindi delimitare al meglio l'area colpita, è stata "sviluppata da un consorzio di ricerca (Enetwild) finanziato dall'EFSA un'app che permette di segnalare animali vivi e carcasse, iMammalia. In Serbia è stato estremamente utile, portando alla scoperta del primo caso nel Paese, mentre in questo momento viene utilizzata in Montenegro".