Anche in Trentino l'ignobile pratica del bracconaggio, piaga da eradicare
Un blog a cura dell'Associazione per il Wwf Trentino
TRENTO. È di pochi giorni fa la notizia dei due ennesimi bracconieri che da fuori regione si erano recati in Trentino Alto Adige per prelevare illegalmente dei nidiacei di tordi: il weekend del 29-30 maggio in Val di Sole sono stati colti in flagrante due bresciani mentre rubavano un nido di cesena costruito su un larice. Durante le perquisizioni fatte presso l’abitazione di uno dei due sono poi state sequestrate anche trappole illegali usate per la cattura di fauna selvatica, quali archetti, tagliole, retine e un richiamo elettroacustico.
Oltre a volerci congratulare con il Corpo forestale trentino per l’ottima operazione antibracconaggio, l’episodio ci offre un ulteriore spunto per tornare a parlare del problema del saccheggio di nidi nelle nostre valli, che viene troppo spesso ignorato. Con questo breve articolo vorremmo puntare i riflettori sul problema del bracconaggio nella nostra regione, che alimenta enormi traffici illegali, con profitti illeciti nell’ordine delle migliaia di euro e soprattutto provoca un’inimmaginabile sofferenza alla nostra fauna selvatica. Vorremmo infine fornire maggiori informazioni sul fenomeno affinché chiunque possa riconoscere un atto di bracconaggio e attivarsi nel modo più opportuno per fermarlo.
A tal proposito, proprio sabato 29 maggio gli attivisti di WWF Trentino, insieme agli amici del CABS e della LAV e delle associazioni ambientaliste di Trento e Bolzano -ENPA, LAC, LAV, LEGAMBIENTE, LIPU, PAN-EPPAA, WWF- si sono riuniti in Alto Adige per un’azione dimostrativa utile a ricordare all’amministrazione altoatesina quanto sia importante contrastare il bracconaggio. Si voleva ribadire quindi la necessità di organizzare appositi monitoraggi e investigazioni, come quella contro il traffico illecito di avifauna del 2019 coordinata dal Corpo forestale trentino, che ha portato a 18 arresti, con oltre 50 persone indagate e 46 perquisizioni in Trentino, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Campania e Toscana. La maxi-operazione, opportunamente denominata ‘Pullus Freedom’, ha portato alla luce un enorme traffico illegale di nidiacei: un giro di oltre 20.000 uccelli, con profitti illeciti sulle centinaia di migliaia di euro. Le associazioni illegali prelevavano e smistavano circa 1000 nidiacei a settimana. Numeri esorbitanti, ma che purtroppo sono solo la punta dell’iceberg.
Il traffico di avifauna
Il traffico illecito di avifauna in Italia è enorme e riguarda molte specie, dai fringillidi, ricercati per il loro piumaggio colorato e il canto melodioso, ai piccoli passeriformi, che vengono considerati delle prelibatezze, ai tordi, usati come richiami per la caccia. In particolare il problema del furto di nidi in Trentino Alto Adige riguarda questi ultimi: poiché tordi bottacci, cesene e merli nidificano in gran numero nei meleti, le enormi estensioni delle coltivazioni di melo nelle Valli dell’Adige, Val di Non e Val Venosta (per citarne alcune) sono diventate le principali destinazioni dei bracconieri di tutto il Nord e Centro Italia che vanno alla ricerca di queste specie.
I richiami vivi
Per la caccia alla migratoria i cacciatori si servono di richiami vivi, uccelli tenuti in gabbia che con i loro canti attirano i conspecifici ai capanni da caccia, a tiro di schioppo. Questi poveri uccelli, secondo la normativa italiana, possono provenire solo da allevamento e non possono essere prelevati in natura. Gli allevamenti regolari però non riescono a far fronte alla domanda di richiami vivi dei numerosi cacciatori italiani: per questo i tordi vengono catturati illegalmente, da adulti o più spesso da nidiacei. I giovani di tordo trafugati per essere venduti come richiami per la caccia da capanno sono soggetti a un’elevata mortalità e, oltre a subire il traumatico allontanamento dai genitori e altre sevizie varie da piccoli, sono destinati a una misera vista da adulti.
Appena catturati, al fine di distinguere i maschi dalle femmine, i piccoli vengono sottoposti alla crudele pratica del sessaggio: gli viene cioè praticato un taglio sull’addome per riuscire ad ispezionare le interiora e scoprire il sesso attraverso l’analisi delle gonadi. Poiché interessano solo i maschi, quelli che cantano, le femmine vengono direttamente uccise o lasciate morire di stenti. I “più fortunati”, i maschi, vengono ricuciti alla buona, spesso con un po’ di colla, vengono dotati di un anellino inamovibile per fingere la provenienza da allevamento e cresciuti allo stecco. Quelli che superano queste delicate fasi, vengono venduti ai cacciatori e sono destinati a un’infelice vita in gabbia, senza nemmeno abbastanza spazio per aprire le ali. E non solo, al fine di spingerli a cantare in autunno (quando naturalmente canterebbero nel periodo della riproduzione, cioè in primavera, per attirare le femmine), gli uccelli vengono tenuti al buio durante l’estate, per alterare il loro ciclo biologico facendo loro credere si tratti dell’inverno.
La crudeltà cui vengono sottoposti questi uccelli non ha limiti, il traffico illegale genera dei profitti da capogiro… dobbiamo opporci tutti a questa crudele forma di bracconaggio. Ognuno di noi, soprattutto chi abita e lavora nelle zone più interessate dal problema, può fare la propria parte. Oltre a richiedere alle amministrazioni provinciali di dedicare risorse per contrastare il fenomeno, possiamo attivarci contro il furto di nidi. Le segnalazioni dei cittadini infatti sono spesso il punto di partenza di importanti operazioni antibracconaggio. Nel caso in cui si veda una persona che raccoglie nidi o nidiacei, è necessario chiamare immediatamente i forestali e indicare loro località e descrizione del sospetto e se possibile della sua auto, cosi che possano intervenire in velocità. Allo stesso modo, dobbiamo allertare i forestali se troviamo dei segni lasciati all’inizio dei filari o sugli alberi per marcare la presenza di nidi. Molti bracconieri infatti all’inizio della nidificazione marcano i filari o gli alberi con i nidi (con lucine, rami conficcati nel terreno...) e ritornano in un secondo momento, a distanza di qualche settimana, per rubare i nidiacei.
Con le nostre segnalazioni possiamo offrire un grande aiuto ai forestali e contribuire alla tutela della fauna selvatica.