Ghiacciai, dai dati sul clima passato (usati per capire quello futuro) fino agli inquinanti in atmosfera (e alle radiazioni di Černobyl'): ecco la 'memoria' che sta svanendo
"Un ghiacciaio è come un libro: contiene un sacco di informazioni e, nella sua storia, si scrivono pagine nuove anno dopo anno. Sull'Adamello, e su tanti altri ghiacciai alpini, non solo quelle pagine nuove non vengono più scritte, ma ogni anno qualcuna viene strappata e persa". E con loro a svanire è anche una ricchezza inestimabile: la memoria
TRENTO. Gli esperti lo hanno ripetuto per anni e i dati, in particolare dopo l'annus horribilis 2022, lo confermano stagione dopo stagione (Qui Articolo): l'ambiente alpino è un hotspot per quanto riguarda gli effetti della crisi climatica e tra i primi contesti colpiti dall'aumento delle temperature, ovviamente ci sono i ghiacciai (nonostante per il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini si tratti banalmente di "cicli", Qui Articolo). In particolare, spiegano gli esperti (Qui Approfondimento), tutti i corpi glaciali al di sotto dei 3.500 metri sull'arco alpino sono destinati a scomparire nel giro di pochi decenni, e con loro se ne andranno anche fondamentali riserve di acqua dolce e interi ecosistemi (oltre ai suggestivi paesaggi in alta quota). Al di là di tutto questo però, con la fusione dei ghiacciai perderemo anche un'altra grande ricchezza, di cui spesso però non si parla: un'inestimabile memoria, che i ricercatori sono in grado di 'leggere' tra i ghiacci per ricostruire condizioni climatiche e addirittura eventi storici che hanno avuto un impatto sull'ambiente a livello continentale.
È il caso per esempio del ghiacciaio dell'Adamello, il più grande ghiacciaio d'Italia, incastonato nelle Alpi Retiche tra Lombardia e Trentino Alto Adige. Lassù il sempre più veloce ritiro del ghiaccio, che perdura ininterrotto da mezzo secolo, sta riportando alla luce strati che si sono formati decenni fa, con conseguenze in alcuni casi sorprendenti. “La superficie dell'Adamello nel 2016 – spiega a il Dolomiti Giovanni Baccolo, ricercatore al Paul Scherrer Institut in Svizzera e impegnato nel progetto di carotaggio ClimAda sull'Adamello - risaliva alla prima metà degli anni '90. Con la fusione degli ultimi anni si sarà quindi sicuramente tornati indietro”. E proprio per questo, risalendo agli strati formatisi nella seconda metà degli anni '80, ora gli esperti al lavoro in quota si trovano ad aver a che fare con del ghiaccio 'radioattivo', a causa della deposizione di cesio-137 avvenuta a seguito dell'incidente nucleare di Chernobyl del 1986.
“Sono livelli rilevabili ma certamente non pericolosi – dice Baccolo –. La presenza di strati di ghiaccio debolmente radioattivo a causa, per esempio, di incidenti come quello di Chernobyl sono comuni a tutti i ghiacciai ma l'aumento della velocità di fusione li sta portando alla luce rapidamente. Da un lato, infatti, è normale che i ghiacciai, anche quelli in salute, si muovano ed 'espellano' gli strati più antichi, ma oggi questo processo è molto più veloce del normale. Possiamo fare un parallelo, per esempio, con i reperti risalenti alla Grande Guerra, che ogni estate vengono restituiti in abbondanza proprio a causa della fusione intensa indotta dal climate change”. Come anticipato però, in questo processo non stiamo perdendo solo ghiaccio, ma anche memoria.
“La vita di un ghiacciaio – spiega l'esperto – parte dall'accumulo a monte e dalla perdita di massa a valle. Sull'Adamello però, da anni ormai, si sta solo perdendo massa: stiamo parlando di un fossile climatico, di un ghiacciaio che si trova in totale disequilibrio con le condizioni climatiche attuali. Usando una metafora: possiamo paragonare un ghiacciaio ad un libro che contiene un sacco di informazioni e, nella sua storia, si scrivono pagine nuove anno dopo anno. Sull'Adamello, e su tanti altri ghiacciai alpini, non solo quelle pagine nuove non vengono più scritte, ma ogni anno qualcuna viene strappata”.
Pagine strappate, per rimanere nella metafora, con le quali si perdono un sacco di informazioni dal punto di vista climatico e ambientale. Il progetto di carotaggio sull'Adamello serve proprio a 'leggere' quei dati, fondamentali anche per la comprensione delle condizioni attuali e future. “Il ghiaccio – dice il ricercatore del Paul Scherrer Institut – si forma dalla neve che cade e che deposita le impurità trattenute in modo, per così dire, ordinato. È in questo modo che il libro di cui parlavo prima viene scritto. Certo però, per capirlo bisogna avere gli strumenti giusti visto che il linguaggio utilizzato non è fatto che di segnali chimici e fisici. Grazie a questi dati però, possiamo risalire a precise informazioni climatiche e ambientali risalenti a secoli fa. Sull'Adamello crediamo di poter tornare indietro, nelle nostre letture, fino a diverse centinaia di anni, ma il lasso temporale di riferimento potrebbe essere anche più ampio”.
Cosa fare, poi, di queste informazioni? “Possiamo capire tutta una serie di variabili – precisa Boccolo – dal livello di precipitazioni alle temperature fino alla presenza, come abbiamo visto, di inquinanti. Il fatto che l'attuale situazione climatica sia completamente anomala è confermato proprio dagli studi sul clima del passato, effettuati anche attraverso l'analisi delle carote di ghiaccio, che ci hanno permesso di capire la variabilità climatica naturale e quanto quella attuale sia assolutamente fuori scala rispetto a essa”. Quelle stesse informazioni poi, risalenti come detto a decine o centinaia di anni fa, sono strumenti fondamentali anche nelle previsioni del clima futuro: “I modelli climatici sono costruiti per comprendere l'evoluzione climatica futura – spiega infatti Baccolo – per verificare se funzionano o meno la prima cosa che si fa è testarli proprio sui dati del passato, che conosciamo grazie allo studio delle carote di ghiaccio e di altri archivi paleoclimatici”.
L'Adamello, conclude il ricercatore, è comunque un case study piuttosto 'speciale': “Normalmente – dice infatti Baccolo – quando si effettuano i carotaggi non si prendono in considerazione i cosiddetti fossili climatici, perché da un lato questi ghiacciai stanno perdendo le informazioni che contengono e dall'altro la fusione, producendo acqua liquida, rovina almeno in parte i segnali da analizzare. Normalmente si sale di circa 1000 metri di quota rispetto all'Adamello, sul Monte Bianco o sul Monte Rosa, dove non c'è acqua di fusione ed il libro, tornando alla metafora utilizzata in precedenza, è scritto in modo più chiaro e comprensibile. L'Adamello però è interessate per il suo spessore molto elevato, si parla di 270 metri circa, molto raro per le Alpi, e per la sostanziale assenza di movimento orizzontale. Un altro aspetto è relativo poi, ancora una volta, al cambiamento climatico: anche i ghiacciai più in quota stanno ormai vivendo una transizione da ghiacciai 'freddi' (dove la fusione è limitata) a ghiacciai 'temperati' (con fasi alterne di fusione e ricristallizzazione), e per questo, se vogliamo preservare per quanto possibile la memoria dei ghiacciai, dobbiamo imparare ormai a leggere i corpi glaciali temperati, come l'Adamello”.
Foto di Giovanni Baccolo