Il Rugby Trento rimonta nel finale il Bassano. I [...]

Dall’ultimo al quarto posto in classifica la cavalcata [...]

Calcio serie B femminile, altro ko per il Trento che [...]

Calcio serie C, quinta vittoria consecutiva per il [...]

Basket Serie A, segnali positivi al forum per Trento, [...]

Basket Serie A, Trento ci crede, ma non è abbastanza. [...]

''Non finiremo mai di ringraziare le nostre società per [...]

All'AlpeCimbra Fis children cup Giada D'Antonio concede [...]

La doppietta di Odogwu regala la terza vittoria [...]

Dopo la vittoria contro Gardena, l'hockey Pinè affronta [...]
VIDEO INTERVISTA. Da capitano a team manager del Cus UniTrento, Marco Lipreri: ''Un progetto unico che mi ha ridato voglia di giocare a calcio''
Nel 2020, dopo un anno e mezzo di inattività, la proposta di far parte di un nuovo progetto insieme al suo storico allenatore, Libero Pavan, lo stuzzica. Doveva risolvere quella questione con il calcio e, soprattutto, doveva rimettersi in gioco
TRENTO. Il Cus UniTrento calcio ritorna in campo domenica 16 ottobre per la sesta giornata di Seconda categoria. La formazione degli universitari è alla ricerca del primo successo in questo campionato contro il Toblino sul campo sportivo Guaita a Pietramurata (alle 15.30 il calcio d'inizio).
Il Cus Trento è una realtà unica nel panorama del calcio dilettantistico trentino. Non per i risultati ottenuti o i trofei vinti: quelli devono ancora arrivare. Ma certamente per la storia della sua nascita e per le tante storie di chi ne fa parte. Una compagine composta da studenti universitari non può che avere l’unicità di raccogliere tanti ragazzi di diverse parti della penisola e di creare una chimica speciale, dentro e fuori dal campo.
Il Cus nasce circa due anni fa dall’idea di alcuni studenti, dell’attuale direttore Joshua De Gennaro e di un progetto tecnico ben preciso e programmato. Già a qualche mese dall’ufficialità era stato scelto un mister (Libero Pavan) e un suo fedelissimo: Marco Lipreri. Oggi raccontiamo la sua storia.
Nasce a Trento nel giugno 1991 da madre trentina e padre lombardo e trascorre l’infanzia a Milano, precisamente a Garbagnate Milanese. Lì fiorisce la sua passione per il calcio: il tifo per l’Inter e il sogno di diventare calciatore. Inizia a giocare nella squadra della sua città e viene chiamato sin da bambino “Ringhio”. Non propriamente un soprannome aderente alla sua fede calcistica, ma, secondo quanto ci dice lui, assai calzante con il suo atteggiamento in campo.
Marco torna poi a Trento insieme ai genitori e lì frequenta i cinque anni delle scuole superiori, al Liceo scientifico “Galileo Galilei”. Inizia la sua avventura al Solteri e proprio lì ottiene quel soprannome con cui viene chiamato dai compagni. “Garba”, perché al primo allenamento si presenta con il borsone del Garbagnate, e poi “Barba”. Un soprannome che, a dir la verità, ha poco a che vedere con un suo connotato estetico, ma che gli rimarrà in modo indelebile per il resto della sua avventura. Al Solteri trova un ambiente che lui stesso definisce straordinario: un gruppo nelle giovanili unito, vincente e pronto ad arrivare in prima squadra per portarla a importanti successi sportivi.
Poi qualcosa dentro di lui si rompe e decide di lasciare. E lo fa arrabbiato, deluso dal calcio. Nella nostra chiacchierata ha detto che quando ha abbandonato quell’avventura che tanto lo aveva coinvolto da un punto di vista umano e sportivo sentiva di avere un conto in sospeso. Questo sport era stata la sua passione sin da piccolo e in qualche modo doveva farci pace. Così accade.
Nel 2020, dopo un anno e mezzo di inattività, la proposta di far parte di un nuovo progetto insieme al suo storico allenatore, Libero Pavan, lo stuzzica. Doveva risolvere quella questione con il calcio e, soprattutto, doveva rimettersi in gioco.
Quando gli abbiamo chiesto del perché proprio il Cus e di cosa fosse speciale, lui ci ha risposto che ha subito percepito fosse qualcosa di unico. Lo aveva colpito in particolare l’aspetto delle selezioni: veri e propri provini per tanti studenti che volevano far parte di una squadra di universitari. Adesso Marco ha appeso gli scarpini al chiodo ed è il team manager della squadra.
In questi due anni al Cus ha indossato la maglia numero 25, in onore del suo idolo Walter Samuel, e la fascia di capitano. E' stata un’esperienza che gli ha consentito di crescere da un punto di vista umano, di responsabilizzarsi e di sentirsi, per l’ultima volta, importante. Resta l’amaro in bocca per non aver ottenuto gli obiettivi prefissati nella scorsa stagione. Adesso ci riprova in un ruolo diverso, affezionato a una realtà e un gruppo che non ha abbandonato.