Senza braccia dalla nascita è pittrice, danzatrice e scrittrice. Atzori: "Il segreto? E' sorridere. Così si allontana chi non lo vuole accettare"
Intervista alla performer che è stata a Trento per il suo spettacolo "La stanza viola". Dagli anni della giovinezza alla scoperta dell'arte, passando per il Canada fino agli incontri con Papa Wojtyla e Papa Francesco
TRENTO. Era a Trento lunedì sera per il suo spettacolo "La stanza viola". Simona Atzori, classe 1974, l'abbiamo incontrata poco prima dell'"in scena", all'hotel Accademia di Trento. Danzatrice, pittrice e scrittrice. Senza braccia dalla nascita, l'artista e il suo spettacolo sono stati il fiore all'occhiello della toccante serata organizzata dall'Aido per sensibilizzare i cittadini sulla donazione degli organi. Nel 2000 Simona Atzori è stata l'ambasciatrice per la danza al Giubileo, nel 2008 ha allestito una mostra permanente in Canada, mentre nel 2012 è stata insignita dell'onorificenza di Cavaliere della Repubblica Italiana dal Presidente Giorgio Napolitano. Sono tanti i premi e le onorificenze internazionali raggiunte dall'artista nel corso della carriera. Nel 2010 fonda la Simonarte Dance Company, mentre già a 8 anni è parte dell'associazione dei Pittori che Dipingono con la Bocca e con il Piede Spam Ability art.
La prima domanda è un trabocchetto "Simona, ormai avrai sostenuto una quantità immensa di interviste. Qual è la domanda che non ti hanno mai posto e alla quale vorresti rispondere?". Non ci casca perché, ci spiega, "le piace il confronto e ogni domanda è interessante". Sorride. Quel sorriso che è il filo conduttore della sua vita e che ci regala per tutta l'intervista. Un sorriso contagioso. E allora priviamo anche noi de il Dolomiti.it a tenere il tempo, il ritmo e i passi della sua danza.
Simona, ti sei avvicinata alla pittura all'età di quattro anni come autodidatta e alla danza classica a sei anni. Recentemente hai scritto anche due libri, 'Cosa ti manca per essere felice?' (2011) e 'Dopo di te' (2014). Qual è la tua espressione d'arte preferita?
Ogni attività è giunta a suo tempo, al momento giusto. Mi trovo a mio agio in tutte le discipline perché mi completano e racchiudono la mia esperienza. Ho iniziato la danza fin da piccola e mi affascina perché mi permette di raccontarmi attraverso il movimento. E' un'arte in costante mutamento. La scenografia è sempre la stessa, ma la coreografia prende forma in modo ogni volta diverso a seconda del giorno e del momento dell'esibizione. Ogni rappresentazione è unica e irripetibile. La pittura invece esplora la propria intimità: un confronto con la tela e la tua anima. La condivisione è solo un aspetto successivo e legato alle mostre. La scrittura invece è meno artistica e interpretativa, ma più diretta: mi permette di raccontare in modo più riflessivo un altro lato di me.
I tuoi genitori come hanno affrontato il fatto che sei nata senza braccia e per te, soprattutto nella giovinezza, cosa ha voluto dire?
I miei genitori sono stati straordinari, sono stata accolta e coccolata. Ho avvertito l'amore e mi hanno dato naturalezza e serenità non ponendomi limiti. Chiaramente l'adolescenza ha comportato alcune criticità, ma mi sono sempre sentita a mio agio con il mio corpo e ho cercato di affrontare e spiazzare tutte le situazioni con un semplice sorriso. Inconsciamente, fin da piccola, e poi sempre con maggiore consapevolezza, ho capito la forza del sorriso. Uno stato d'animo che ti permette di togliere l'opportunità agli altri di farti del male. Un sorriso fa già capire l'aria che tira, ti spiazza se non te l'aspetti, e le persone che ti circondano sono nelle condizioni di scegliere se proseguire l'amicizia oppure cambiare strada.
Quindi l'esperienza in Canada, dove hai conseguito la laurea nel 2001 in 'Visual Arts' presso la Univesity of Western Ontario. Un paese dove diversità non è differenza. Ti ha tolto qualche pressione e aiutata a rientrare in patria?
Gli anni in Canada sono stati fantastici, poi stiamo parlando degli studi universitari, quindi forse il periodo più bello della vita. Un paese multiculturale dove la diversità è normalità e risorsa. Mi ha forgiato, mi ha fornito le basi per tornare in Italia più forte. Ho avvertito un salto di qualità a livello mentale, togliendomi tanta pressione. Mi ha dato maggiore consapevolezza: la mia differenza è la mia ricchezza.
Sei un personaggio pubblico e un esempio per tante persone. Ti crea difficoltà, come vivi questa responsabilità?
Ho compreso l'importanza e il peso delle parole, oltre all'esempio. Ho deciso di investire in questo campo partecipando a diversi incontri motivazionali. E' un'attività piacevole che non mi pesa e cerco di prepararmi per essere sempre all'altezza della situazione e aiutare le persone a prendere coscienza del momento. Ci si perde sempre in questioni molto semplici e anche se non è facile, bisogna sempre trovare il sorriso perché la vita è un valore.
Nel 1992 hai regalato un tuo quadro a Papa Giovanni Paolo II, mentre nel 2014 a Papa Francesco, che emozione hai provato?
Contrastanti. Ho avuto la consapevolezza di trovarmi davanti a due uomini straordinari e due grandi Papi. Ho incontrato Karol Wojtyla quando avevo 17 anni e sono rimasta colpita dalla profondità e dall'attenzione dello sguardo. Un nonno dolce e protettivo. Quando invece ho incontrato Papa Francesco sono finita letteralmente nel pallone. Mi piace farmi travolgere dai sentimenti, ma si è trattato di un'esplosione di emozioni davanti ad un uomo di carisma e umanità enormi.
Siamo arrivati alla fine, hai un altro libro in cantiere e stai lavorando ad un altro spettacolo in teatro?
Ho un altro libro in testa e la voglia di scriverlo, ma non so ancora quando uscirà. Sono molto fatalista e le cose avvengono quando è il momento giusto. Per quanto riguarda il teatro, dopo "La stanza viola" vorrei proporre uno spettacolo motivazionale.
(Sorride)