Addio Rawda: "Il tuo tragico viaggio ci ha reso una comunità migliore". Raccolti 11 mila euro per rimpatriare la salma in Etiopia
Si è svolta al cimitero di Avio la cerimonia dell'ultimo saluto alla profuga che ha perso la vita schiacciata dal treno. Don Luigi: "Anche se musulmana è nostra sorella"
AVIO. “Beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, beati i miti, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”. Il prete legge dal Vangelo le parole di Matteo, vicino a lui il maresciallo dei Carabinieri, la vicesindaca. Tutt'attorno alla bara di Rawda la comunità di Avio, la comunità etiope. Donne anziane, giovani. Qualcuno si è preso il permesso dal lavoro, qualcuno è arrivato da Trento, da Rovereto a dare l'ultimo addio alla giovane donna etiope che ha finito il suo viaggio di profuga il 16 novembre scorso, investita dal treno sulla ferrovia vicino a Borghetto.
“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”, e gli operatori di pace, oggi, sono quelli che hanno fatto di tutto per non lasciare che la “donna di colore senza nome né documenti” fosse dimenticata nella cella frigorifera della camera mortuaria del cimitero comunale. Sono loro i figli di Dio che hanno dato nome e dignità a Rawda, loro che hanno reso possibile tutto questo.
Una cerimonia toccante che ha unito assieme culture diverse, religioni diverse. “La chiamiamo sorella – dice don Luigi – anche se non è di fede cattolica è comunque nostra sorella”. Le preghiere sono dolci, sussurrate. Una salmo responsoriale fa dire a tutti in coro: “Preziosa agli occhi del Signore la morte dei giusti”.
L'orazione funebre è affidata a Zabenay, esponente dell'associazione trentina Amici dell'Etipia. “La comunità di Avio ha passato un Natale molto significativo – esordisce – ha saputo costruire un'opera di misericordia”, ringraziando così tutti coloro che hanno donato i soldi per permettere alla salma di raggiungere il paese natio ed essere restituita alla famiglia.
“Sono orgoglioso della comunità trentina – continua emozionato Zabenay – perché ha dimostrato di avere il cuore buono. Grazie a voi che avete fatto così tanto – continua Zabenay – Rawda potrà essere abbracciata dalla sua famiglia. Andrò anch'io con lei in Etiopia, non la lascerò sola. Conoscerò suo padre, sua figlia”.
Zabenay si ferma un attimo, è commosso. “Non immigrerà più Rawda. Ma ricordiamoci che queste persone scappano da problemi etnici, dalla miseria. Persone che non devono finire così: e anche noi possiamo fare qualcosa, possiamo tenere aperti gli occhi, il cuore e le porte”.
Parla anche Valentina Sega, la ragazza che con altre poche amiche ha iniziato a indagare, a non darsi pace, a volere a tutti i costi che quella donna avesse un nome, scoprendo la sua storia e riuscendo nell'intento di coinvolgere una comunità intera in una solidarietà reale, raccogliendo i soldi per poter rimpatriare il corpo di Rawda.
“Eravamo davanti a quella cella frigorifera e ci facevamo delle domande – spiega Valentina – poi nei due mesi successivi abbiamo provato a capire qualcosa, a ricostruire la sua identità, la sua storia, i sua contatti, senza immaginarci di riuscire ad arrivare fino ad oggi, in tanti. Perché siamo partiti in pochi ma siamo arrivati in tanti”.
“Sono orgogliosa della nostra comunità – afferma Valentina - ma questa storia ci serva per aprire gli occhi. Sono tante le persone che continuano a passare sulle nostre strade, sulla ferrovia: nessun altro deve tornare a casa in una bara”.
“Questa – dice la vicesindaca rivolgendosi a Valentina e alle altre persone da cui è partita l'iniziativa – sono la nostra migliore gioventù. Hanno fatto l'impossibile per restituire a questa ragazza un nome, una patria”.
La rappresentante dell'amministrazione è visibilmente commossa: “La storia di Rawda ha messo la nostra comunità di fronte a quello che di solito si legge solo sui giornali, che si vede in tv. L'impatto emotivo è stato molto forte per tutti quelli che hanno voluto esserci: con un contributo economico, con un fiore, una preghiera”.
“Allora io dico grazie – dice con la voce rotta – grazie Rawda perché il tuo tragico breve passaggio tra di noi ci ha reso una comunità migliore. Fai buon viaggio”.
Prende la parola anche Alessandra di "Antenne migranti" che si chiede: "Dovremmo abituarci alle morti sulle rotaie? Dopo Rawda, altre quattro persone hanno perso la vita sulla rotta ferroviaria Verona-Austria. Dobbiamo aspettarci di dover cercare altre famiglie orfane e rimpatriare altre salme?".
Una donna recita una preghiera del rito musulmano mentre appoggia le mani sulla bara che contiene il corpo di Rawda, poi la bara viene caricata sul carro funebre. Sarà trasportata all'aeroporto e volerà in Etiopia. Sono stati raccolti quasi 11 mila euro. “I soldi saranno usati per le spese del viaggio, per organizzare il funerale e quello che avanza sarà dato alla famiglia per sostenere negli studi la figlia di Rawda che ha tredici anni”.
Lo spiega bene Valentina: “Vorremmo adottare la figlia Rawda come comunità, non smettere di starle vicino per sostenerla negli studi. Perché Rawda è nostra amica, nostra sorella, nostra compaesana”.