Le uova delle dolomiti alla conquista di Venezia e degli chef stellati: 4 uova a 5 euro dall'idea di due 30enni di Brentonico
Mattia Cristoforetti e Giovanni Tava sono i due giovani che dopo la laurea in giurisprudenza e il business immobiliare hanno deciso di investire su settecento e più galline esemplari di Livornese allevate in spazi aperti e unici tra San Felice in val di Gresta e i castagneti di Castione. I loro prodotti lunedì sono sbarcati in Laguna
VENEZIA. Pasqua è alle porte e tra i tanti modi di coniugare l’uovo con la ricorrenza ecco la curiosa iniziativa di due giovani trentini: proporre all'alta ristorazione lagunare uova delle loro galline, libere di scorazzare in montagna. Uova d’autore, per una simbolica resurrezione delle genuine consuetudini contadine. Ma non solo. Proposta inconsueta, che supera vecchie logiche legate alla commercializzazione su piazze lontane di uova montanare da consumare freschissime. L’intuizione (imprenditoriale, non l’ennesima start-up) è di due giovani della Vallagarina, Mattia Cristoforetti e Giovanni Tava.
Due trentenni, cipiglio imprenditoriale scaturito da esperienze di studi variegati – dal businnes immobiliare alla laurea in giurisprudenza, tra marketing e la voglia di ridar valore alle produzioni nostrane – che dal maggio dello scorso anno gestiscono, curano e coccolano le loro simpatiche bianche ovaiole. Settecento e più pennute esemplari di Livornese, razza star tra le galline dalle uova col guscio altrettanto candido, ospitate prima in un pollaio a cielo aperto tra i campi incolti a San Felice in val di Gresta e poi in un ettaro di bosco tra i castagneti di Castione, sull’Altopiano di Brentonico. Uovo nostrano, cocco davvero coccolato.
Perché il pollaio rispetta i più rigidi disciplinari del biologico e del benessere animale. Galline alimentate anzitutto con quanto riescono liberamente a ‘beccare’ tra zolle e i prati limitrofi le loro casette in legno. Al bando mangimi d’importazione, ma esclusivamente integratori vegetali a base di mais, grano, fieno e portulaca (erba ingiustamente ritenuta infestante, spontaneamente diffusa in molti degli orti trentini). Libere e volutamente accudite all’aperto, tra muretti di sassi, alberi secolari di frutta, sorgenti d’acqua di fonte. Raggruppando al massimo 100 ovaiole in appositi spazi in grado di ospitarne almeno il triplo. Questo per non creare certe ‘beghe da pollaio’, in quanto le galline non condividono il comportamento di ovaiole estranee alla loro ‘famiglia’, che deve essere composta al massimo di 120 esemplari. Del resto lo cantavano anche i comici degli anni ’70, Cochi e Renato ‘la gallina non è un animale intell…te’.
Torniamo alle uova e allo sbarco a San Marco. Laguna e galline, un legame ostico. Che ha sempre costretto Venezia a cercare uova in terraferma, tra pollai precari sulle ‘barene’ o allestiti su minuscoli isolotti lagunari. Questioni di trasporto, la fragilità legata alla qualità della freschezza, tempi (lunghi) e modi (rudi) tra barche e pontili destinati allo smercio di generi alimentari. Ma nessun Doge avrebbe concesso il nulla-osta per dare il via all’importazione di uova di gallina raccolte in pollai d’alta montagna. A scardinare millenarie consuetudini lagunari si stanno cimentando appunto questi due trentini, Cristoforetti&Tava. Che sono sbarcati in Laguna con un carico di freschissime uova di montagna, prima tappa (pasquale) per uno scambio Trentino/Venezia subito raccolto con entusiasmo dalla ristorazione lagunare più rappresentativa. Cuochi che vogliono mettere in tavola solo e precisamente "uova bio d’altura dolomitica".
Uova garantite, uova che a Venezia sono state richieste direttamente da operatori della ristorazione più attenta alla tipicità, dopo inconsueti quanto sperticati elogi ottenuti da una decina di chef ai vertici delle classifiche del buon mangiare. Disposti a pagare, bene, un prodotto assolutamente genuino e dunque di valore, non solo commerciale, dato che per 4 uova ci vogliono 5 Euro. Talmente richieste da essere contingentate, la richiesta più incalzante dell’offerta. Comunque prezzo in sintonia con quanti valorizzano le vere chicche agroalimentari, le produzioni alpine maggiormente rappresentative.
Primo fra tutti Massimiliano Alajmo, patron delle Calandre, il celeberrimo Tre Stelle di Rubano, vicino Padova. Talmente entusiasta delle uova trentine da suggerirne l’acquisto a gran parte degli ‘stellati’ del nord-est, Giancarlo Perbellini, Damini&Affini, il Desco, ma anche ai trentini Alfio Ghezzi, Alessandro Gilmozzi e alcuni giovani emergenti, sul Garda e nel veronese, nonché alcuni cuochi protagonisti di ‘Identità Golose’, simposio gastronomico recentemente andato in scena a Milano. Poi il coinvolgimento di negozi di gastronomia (a Trento solo da Silvy Franceschini) e alcune pasticcerie bresciane, pure proposte al punto ristoro di cantine famose come la Tenuta San Leonardo.
Le sorprese, tanto per rimanere in tema di uova pasquali, ora si concentrano suggerendo innovativi metodi di cottura, tra tempi (lunghi, anche 40 minuti) ma a temperatura assolutamente costante e controllata (mai superiore a 62°) per avere un cocco non solo bello, ma morbido, avvolgente, cremoso. Non per ultima, altra intuizione dei giovani ‘ovaioli’ Cristoforetti&Tava: le loro uova da gustare con gin. Ovviamente quello che nasce in montagna, tra le Dolomiti. Perfezione di forma, l’essenza delle erbe in sinergia con il ginepro. Ma questa è una storia che racconteremo un’altra volta.